Via Soprammuro a Porta Nolana 9/10
Tel. 39+ 081. 26 83 20
Aperto a pranzo e cena h.7,30 – 23,00 non stop
Chiuso: domenica
Ferie: 2 settimane in agosto, 2 gg.per Natale e 2 per Pasqua
Bancomat, carte credito: si
Tel. 39+ 081. 26 83 20
Aperto a pranzo e cena h.7,30 – 23,00 non stop
Chiuso: domenica
Ferie: 2 settimane in agosto, 2 gg.per Natale e 2 per Pasqua
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Siamo tornati nei luoghi degli antichi fasti della Napoli aragonese, durante gli anni nei quali , grazie al Re Alfono d’Aragona, fu risistemata la cinta muraria della città con le rispettive porte. Tra queste, oltre la più famosa Porta Capuana, anche la vicina Porta Nolana, innalzata nel XV secolo, s’ispira alla prima, perché possiede anch’essa due imponenti torri (Fede e Speranza, mentre Onore e Virtù sono le Torri di Porta Capuana). La denominazione è dovuta all’orientamento, nella direzione della città di Nola e della fascia suburbana della città, poiché per entrare e uscire da Napoli era obbligatorio transitarvi.
Nei secoli a venire, dopo la nascita della ferrovia Circumvesuviana, datata 1890, il passaggio per Porta Nolana, cominciò ad essere utilizzato quale utile scorciatoia per chi, provenendo da Piazza Nicola Amore, doveva raggiungere la stazione della Vesuviana (diminutivo ancora in uso tra i napoletani) in Corso Garibaldi; attraversando via Nolana, ancora oggi, ci si trova proprio di fronte la nuova stazione. La storia della linea ferroviaria non è di per sé interessante, ma lo sono invece, sotto diversi punti di vista, alcune delle sue fermate: Ercolano e Pompei per gli scavi; in particolare per Pompei, prima degli anni del boom economico,quando non tutti potevano permettersi l’auto, si registrava il tutto esaurito sulla linea, nei mesi di maggio e ottobre, tradizionalmente periodi mariani, dedicati alla Madonna, oggetto di particolare culto a napoli e provincia. Oggi esistono comunque diverse attrattive organizzate dall’azienda Vesuviana: il Sorrento Express, che viaggia sulle prime vetture elettriche (denominate BD) della Circumvesuviana completamente restaurate secondo i disegni originali. Con partenza da Napoli permette ai turisti di visitare tutti i centri della penisola Sorrentina. Durante il tragitto vengono offerti anche prodotti tipici della penisola. Ancora il Napoli Express, che utilizza un elettrotreno attualmente in uso per il servizio passeggeri ma, restaurato e reso confortevole con l’aggiunta di sedili più comodi e aria condizionata, raggiunge anch’esso Sorrento, partendo da Napoli. Nel periodo natalizio, dall’8 dicembre al 6 gennaio, a bordo di un ETR della prima serie, si può visitare un presepe itinerante, esposto in tutte le stazioni principali di ogni linea, tramite apposito calendario stabilito dall’azienda.
Porta Nolana e l’omonima via con tutte le traverse adiacenti costituiscono un’intrigante, quanto storica scorciatoia, grazie al mercato, sia all’ingrosso, che, al dettaglio, di ogni genere alimentare. Dalle tre del mattino è tutto un pullulare di arrivi di grandi camion e furgoni che trasportano, pane, verdure, latticini, pesce, carne, frutta, etc. In pratica alle 7, 30, per gli autisti dei mezzi che hanno consegnato ed esitato tutta la merce è già ora di pranzo, altro che cappuccino e cornetto, qui ci vuole una roba sostanziosa, la tipica”marenna” napoletana.
Parlando di “marenna” e di mercato alimentare, giungiamo alla nostra meta storica e low cost: Giovanni, Trattoria sopra le antiche mura (‘ncopp ‘e ‘mmura) ufficialmente dal 1936, ma, già nel 1930, la nonna di Giovanni jr., Adele Foglia, per tutti Adelina, seguì il marito Giovanni Graziano nell’apertura di una cantina: mescita di vino, vendita di prodotti di primo consumo sfusi ( pasta, granaglie, legumi, salsa di pomodoro, lardo, la cd. “nzogna”, etc ) dove, pian piano cominciò a preparare le “marenne” di cui sopra e qualche piatto caldo della tradizione. Sta di fatto che dopo qualche anno Adelina, capisce che Giovanni non è adatto per gli affari, si rimbocca le maniche ed apre la trattoria “Da Giovanni”, occupandosi della cucina e della gestione. Il locale fa faville durante gli anni del dopoguerra. Erano i tempi in cui il “coppetiello di mazzamma” (frittura di piccoli pesci) costava una lira e un piatto di trippa trenta lire. I due, verso la fine degli anni ’30, hanno un figlio, Raffaele, che già adolescente comincia ad aiutare la madre in cucina. Poi Raffaele cresce, comincia ad andare alle feste…
In una delle due torri che sorreggono Porta Nolana, abitava la famiglia del Cavalier Carmine Chirchietti; una gran bella casa, con giardino, agrumeto, alberi di melograno, 40 galline ovaiole e una vite che produceva cinquanta litri di vino che Elvira, sua figlia, e gli altri ragazzi si divertivano a pigiare con i piedi. L’abitazione del Cavalier Carmine era ben frequentata, anche perché egli si dilettava in cucina cavandosela proprio bene.
Durante queste feste, Raffaele conosce Elvira, la figlia del cavaliere, una giovanetta dagli occhi blu, molto bella; se ne innamora perdutamente e da allora, 60 anni fa, non si sono più mollati. Elvira diventa l’anima della cucina, Raffaele ancora oggi si occupa oculatamente della spesa, riuscendo a far quadrare i conti, senza alzare i prezzi alle stelle. Alla fine degli anni ’50 arrivano due figli , Giovanni e Paola, il primo, pur laureato, presto segue le orme dei genitori, la seconda si dedica all’insegnamento, guarda caso, oggi in un istituto alberghiero.
Il Cavalier Chirchietti era anche una persona magnanima, infatti, il giorno della vigilia di Natale, quando a casa sua, costruiva da solo un presepe grande quanto una stanza, si faceva festa in famiglia con tanto di processione con il prete e il bambinello; allora Don Carmine invitava in casa le orfanelle del convento della vicina via Forìa che, in cambio della recita delle poesie di Natale, pranzavano con la famiglia, come fossero state in casa loro. Le famiglie Graziano e Chirchietti, sono napoletane veraci, di quella signorilità che oggi non esiste più, Elvira suonava il piano, anche Giovanni suo figlio aveva cominciato, oggi, mentre si aggira tra fuochi e padelle, mi confessa di aver smesso con grande rimpianto. Tutti e tre parlano tranquillamente in francese, tedesco e un po’ in inglese con i clienti.
Per ordine naturale delle cose, Giovanni cominciò ad affiancare Elvira ai fornelli già da ragazzo, fino a sostituirla, oggi, quasi in tutto. Elvira si dedica alle ricette che richiedono tempo e “santa pacienza”: il ragù, la genovese, la lasagna e il gattò di patate. Il resto del menù è prevalentemente di mare, con una materia prima di eccezionale freschezza che arriva dall’attiguo mercato in tempo reale, ovvero su richiesta del cliente.
Tutta la famiglia è incredibilmente affabile e abituata al lavoro duro, non si chiude mai: s’inizia la mattina con le “marenne” (sostanziose colazioni di pane cafone farcito con ogni ben di dio ), pizzette fritte, frittate di maccheroni e si va avanti fino a tarda sera, tranne la domenica, giorno di sacro riposo, quando tutta la famiglia si riunisce. Il locale, al contrario della maggior parte degli altri visitati, è davvero spazioso, una bella sala ariosa con quello che una volta era un bancone esterno per le pietanze , oggi vietato dalla normativa, e due salette attigue, in occasione di feste o, cerimonie.
L’arredamento ha subito pochi cambiamenti, gran parte delle dispense è la stessa degli anni ’50 – ’60.
Il pane è fantastico, il forno è giusto a fianco: il panettiere è cliente “fast”, cioè, si fionda a “volo a volo”, da Elvira lasciando tutto aperto. Come si chiama? Naturalmente, Giovanni :-)
Le verdure sono un trionfo della tradizione “mangia foglie” partenopea, c’è di tutto, solo di stagione e preparato con golose ricette: zucchine trifolate alla griglia,
peperoni in padella, melanzane a funghetti, carciofi alla giudea,
cavolo e olive in insalata, che oggi quasi più nessuno prepara a casa per due ragioni opposte: chi lo adora dice che non si trovano i cavoli con l’odore ‘e ‘na vota; chi non lo ama dice che puzza. :-)
Ancora, tra i contorni rucola, freschissima lattuga con pomodorini da accompagnare alla mozzarella di bufala, sempre proveniente dal mercato di latticini freschissimi che arrivano ogni giorno da Aversa, Agerola e Battipaglia.
Arrivano a tavola gli assaggi di antipasti: polpo verace all’insalata, calloso al punto giusto, zuppetta di fagioli cannellini con tocchetti di pane, sedano, pomodorini e olio a crudo e poi una porzione di succulenta provola di Agerola.
Non amo particolarmente il polpo all’insalata ma quello acquistato sapientemente da Raffaele e preparato da Giovanni è un capolavoro, calloso , saporito e“sfiziusiello”. (che dà soddisfazione e divertimento nel masticarlo), accompagnato, con doviziosa “scarpetta” con il pane di Giovanni Cianiello: irresistibile.
dopo il “contenuto” assaggio di antipasti, (Elvira e Raffaele avrebbero continuato ad oltranza), arriva un “must” della cucina napoletana degli ultimi trent’anni. La pasta e patate con la provola con la “mesca francesca”, buona quanto quella del Corso Vittorio Emanuele di Mario Bianchini.
I primi del giorno sono sempre cinque o sei, altrettanti i secondi, ma, qui tutto è possibile, ogni richiesta del cliente (meglio, se anticipata anche di solo mezz’ora) è legge. Ecco sfilare favolosi spaghetti ai frutti di mare, poco più che rosati, con la “pummarolella” fresca,
e poi, profumatissime penne rigate ( così raccolgono meglio il sugo) alla siciliana con provola filante.
Ci avviciniamo al momento topico, le 14,00, l’ora classica dello “spacco” in città ed ecco altri due primi , uno di mare, spaghetti con misto di calamari, seppioline e cozze,
e, l’altro di terra, un’invitante linguina alla puttanesca, entrambe preparate con l’amore e gli accorgimenti di chi sta cucinando per la propria famiglia, in questo caso decisamente molto allargata :-)
I secondi, in particolare d’estate, sono a base del pescato che Raffaele sceglie personalmente ogni mattina all’alba al mercato del pesce di Porta Nolana, un luogo che, la notte tra il 23 e 24 dicembre, diventa teatro di una vera e propria “notte bianca”, con vendite e spesso bonarie ed amichevoli aste di ogni sorta di pesce, crostacei e frutti di mare, per la cena della vigilia.
Ci sono poi i tradizionali banchi delle “ciòciole”, ovvero frutta secca (noci, nocciole e mandorle), fichi secchi e le castagne del prete, cotte al forno. Le castagne del prete sono consumate tipicamente nel periodo natalizio nella tradizione napoletana. Si chiamano in questo modo perché si racconta che un prete avesse ricevuto in dono delle castagne e le avesse caricate sul suo asino per portarle a casa. Strada facendo l’asino, mal condotto dal prete, era finito in un fiumicello. L’intero paese aveva deriso il prete e il suo carico di castagne bagnate, inservibili. Ma lui, tornato a casa, le aveva messe ad asciugare nel forno e aveva ottenuto castagne morbide, dalla polpa scura e dal sapore affumicato, buonissime: “ ‘e castagne ‘rò prevete”. Le mangiamo ancora oggi, ma, noi le mettiamo a bagno in acqua, nei fiumi, no. :-)
Dicevamo dei secondi piatti, il pesce la fa da padrone, come il freschissimo pesce spada ordinato al momento da un avvocato cliente abituale, cinque minuti e Raffaele torna con il pesce spada da grigliare.
La clientela è molto numerosa, tanti habituè che mangiano come fossero a casa propria, anzi meglio, perché la famiglia Graziano esaudisce ogni loro desiderio, baccalà e coroniello in tutte le salse compresi.
Ci sono poi, turisti di passaggio e tanti tedeschi che vengono apposta per mangiare qui, dopo aver letto il servizio realizzato dal noto giornalista Peter Meyer della famosa rivista tedesca ADAC, l’equivalente del nostro Qui Touring, magazine del TCI.
Paradossalmente quindi, oltre ai tanti habituè che lavorano in zona, avvocati, impiegati della Circumvesuviana e sindacalisti con gli uffici nella vicina Piazza Guglielmo Pepe, il locale è molto più conosciuto all’estero e nel resto d’Italia che, a Napoli. Perché? Forse, gli stranieri posseggono un maggior senso d’identità e lo ricercano, al di fuori degli stereotipi, nei paesi che visitano. Ciò non significa che noi napoletani, almeno la maggior parte, non possegga il senso d’appartenenza e del culto delle tradizioni, è più giusto dire che le giovani generazioni non hanno assorbito (o,che non si sia saputa trasmettere) la cultura del cibo e dei luoghi della nostra terra di origine. E’ certamente molto triste, durante i fine settimana, vedere anonimi fast e trash food affollati di giovani, addirittura in fila per un hot dog, un hamburger e finte patatine. Anche i figli di Giovanni, adolescenti, vanno a scuola al centro di Napoli, sono tristemente inglobati nel sistema del consumo inconsapevole. Per ora la voglia di seguire la famiglia nell’attività non c’è, ma, chissà, non è mai troppo tardi…
Il banco del pesce è comunque sempre ben rimpinguato da papà Raffaele, che bada a tenere i pesci sempre assortiti e sotto ghiaccio. Anche l’acquisto di carne, latticini, verdure sono sempre compito di Raffaele, un andirivieni continuo, sempre con il sorriso sulle labbra. A proposito di carni, queste ultime sono regine dell’inverno: Donna Elvira con Giovanni in cucina, dà fondo a tutto il repertorio tradizionale: carni del ragù, con tanto di cotica, salsicce, polpette e gallinella, la carne della genovese, le polpette fritte, la carne alla pizzaiola con pomodorini e origano, le salsicce con friarielli, il coniglio all’ischitana, il ruoto di trippa, e lo spezzatino con patate e piselli. Immancabile la zuppa di soffritto, a solo o, con i bucatini, opera di Elvira. L’acquisto è a quattro passi , basta attraversare la strada…
Donna Elvira si prende cura dei clienti come figli di famiglia e se i professionisti hanno giacca e cravatta, ecco pronti…
Veniamo alle note amare, si fa per dire… guardate con i vostri occhi: il menù esiste ma è indicativo per quanto attiene alla lista, perché qui tutto è possibile ed i piatti fuori carta sono all’ordine del giorno . Gli antipasti variano da 1,00 euro per le bruschette ai 4,00 per quelli di cui sopra. I primi di mare o di terra, al massimo arrivano a 6,00 euro; si parte dai 4,00 ai 7,00 per i secondi di carne o pesce; i contorni hanno lo stesso prezzo degli antipasti; coperto e servizio non vengono calcolati. Acqua e vino della casa: 1,50 per la prima e 4,oo per ¾ di bianco o rosso che arriva dai Campi Flegrei. 1,oo euro il caffè dal bar, 2,50 per i dolci, esclusivo appannaggio di Giovanni, speciali il tiramisù, il biscotto all’amarena e il babà. Insomma non ci vuole la calcolatrice! Viste le porzioni, anche se mangiate dall’antipasto al dolce non supererete i 20,00, al massimo 22,00 euro.
Se poi la vostra voglia di dolce non è soddisfatta, (difficile vista la dolcezza e sincera cordialità di Elvira, Raffaele e Giovanni) potete camminare per poco più di 5’ e raggiungere l’ Antico forno delle sfogliatelle calde F.lli Attanasio in
Vico Ferrovia 1/2/3/4. Sono lì dal 1928 e sfornano continuamente profumatissime frolle e ricce.
Alla famiglia Graziano, agli Attanasio ed a tutti voi dedico questa romantica poesiola:
“So’ ddoje sore: ‘a riccia e a frolla.
Miez’a strada, fann’a folla.
Chella riccia è chiù sciarmante:
veste d’oro, ed è croccante,
caura, doce e profumata.
L’ata, ‘a frolla, è na pupata.
E’ chiù tonna, e chiù modesta,
ma si’ a guarde, è già na festa!
Quann’e ncontre ncopp’o corso
t’e vulesse magnà a muorze.
E sti ssore accussì belle
sai chi so’? So’ ‘e sfogliatelle”.
Naturalmente, vi prego, dimenticate lo stereotipo “Napule tre cose tene belle…‘o mare,’o Vesuvio e e’ sfogliatelle”.Questa nostra città potrebbe essere la più bella del mondo, tocca a tutti noi, e quando ci sentiamo avviliti, addolciamo spirito e sensi con una bella sfogliatella riccia,o frolla :-)
bellissimo e struggente di nostalgia.MARCON 39
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