mercoledì 15 aprile 2009

Napoli 17 aprile 2009 : il Museo Del Mare si presenta alla città













COMUNICATO STAMPA
Una mostra e un convegno del Museo del Mare




Venerdì 17 aprile 2009, presso il Museo del Mare di Napoli, via di Pozzuoli, 5 (Bagnoli), alle ore 9,00 sarà inaugurata la mostra foto-documentaria “Da scugnizzi a marinaretti. L’esperienza della Nave-Asilo Caracciolo” a cura di Antonio Mussari e M. Antonietta Selvaggio.
La mostra, attraverso materiali fotografici inediti e fonti d’archivio, ricostruisce l’originale esperimento educativo che ebbe luogo a Napoli tra il 1913 e il 1928, richiamando l’attenzione e l’ammirazione di studiosi e di esperti da tutto il mondo.
Il metodo pedagogico di Giulia Civita Franceschi, direttrice della Nave-Asilo, sottrasse alla strada oltre 750 “scugnizzi”, restituendoli a una vita sana e dignitosa.
La rievocazione di questa straordinaria esperienza rientra nel più ampio progetto del Museo del Mare “Per recuperare la memoria marinara di Napoli”, tema oggetto del Convegno nazionale di studi, che si svolgerà lo stesso giorno dalle 10,30 alle 18,30 nell’aula magna dell’Istituto Tecnico Nautico “Duca degli Abruzzi”. Parteciperanno studiosi di diversi atenei e centri di ricerca con contributi che vanno dall’importanza del patrimonio culturale immateriale relativo al mare e ai suoi mestieri, alla rilevanza del mare nella storia ambientale, alla fenomenologia sociale delle popolazioni marittime nella lunga durata, alla identità mediterranea tra incontri e conflitti, all’istituzione delle Navi-Asilo in Italia sul modello delle training ships inglesi.
Alla tavola rotonda, che inizierà alle ore 15,00, sono previsti gli interventi degli assessori del Comune di Napoli, Mario Raffa (Sviluppo), Diego Guida (Archivi storici), Gioia Rispoli (Istruzione) e della Direzione Regionale dei Beni Culturali oltre che della Soprintendenza Speciale per il patrimonio storico-artistico e per il polo museale della città di Napoli.
In allegato inviti Mostra e Convegno








Uff. Stampa e Relazioni Esterne
Giulia Cannada Bartoli
Mob. 339.8789602 – 377.095065
stampa@museodelmarenapoli.it








Presentazione mostra - nota storica

Negli anni tra il 1913 e il 1928, Napoli fu al centro dell’interesse pedagogico internazionale per un esperimento educativo straordinario, che si realizzò sulla Nave-Asilo “Caracciolo”.
A dirigere la “Caracciolo”, che accolse oltre 750 bambini e ragazzi sottraendoli a una condizione di abbandono e restituendoli a una vita sana, civile e dignitosa, fu chiamata la signora Giulia Civita Franceschi (1870-1957).
Il suo metodo, apprezzato da Maria Montessori e da numerosi osservatori italiani e stranieri, i quali visitarono la Nave in quegli anni, viene descritto e illustrato in questa mostra grazie a un insieme di fonti documentali e di materiali fotografici, che ben si prestano ad esemplificare attraverso le parole di protagonisti e testimoni e le immagini dei tanti “caracciolini” l’ammirevole “sistema Civita”.
Con questa espressione s’intende un metodo educativo originale, adatto al recupero e all’integrazione di minori a rischio di delinquenza ed esposti a ogni tipo di malattia, che poneva al centro i valori della dignità legata al lavoro, della solidarietà e degli affetti.
La “Caracciolo”, infatti, non si limitò ad essere una scuola di addestramento ai mestieri marittimi, ma fu piuttosto una “comunità”, in cui – secondo l’impostazione di Giulia Civita – ogni fanciullo, conosciuto e rispettato nei propri bisogni nonché incoraggiato e valorizzato nella proprie tendenze, veniva “aiutato individualmente a migliorarsi e a svilupparsi in modo armonico”. Per questi tratti caratteristici la Civita la definisce un’educazione naturale.
Ma come nacque la Nave-Asilo? Va detto che il disegno di legge per cui il Ministero della Marina fece dono alla città di Napoli della “Caracciolo” fu opera del ministro Pasquale Leonardi Cattolica, mentre il prof. Federico Celentano, in qualità di presidente del Patronato appositamente costituito, provvide a redigere lo statuto. Dopo l’approvazione della legge (13 luglio 1911) e dello statuto (23 giugno 1912), la Nave fu inaugurata nell’aprile del 1913. La ricostruzione della vicenda, tuttavia, sarebbe incompleta se non venisse ricordato l’impegno di altri personaggi che in vario modo sollecitarono, ispirarono e resero possibile la realizzazione del progetto, quali Enrichetta Chiaraviglio Giolitti, David ed Elvira Levi-Morenos, Antonia Nitti, Lucy Re-Bartlett, il deputato Dentice d’Accadia, relatore della legge alla Camera dei deputati, il marchese di Campolattaro, primo presidente del Comitato cittadino pro Nave-Asilo ed altre figure di filantropi/e.
Né va dimenticato uno dei primi propugnatori del trasferimento in Italia dell’esperienza inglese delle training ships, quale fu fin dal 1878 Pasquale Villari, profondo conoscitore dei buoni risultati conseguiti con quel sistema in Inghilterra.
Quando fu inaugurata la “Caracciolo”, l’iniziativa presentava già due precedenti in Italia: la Nave-Officina “Garaventa” a Genova, attiva dal 1883 e finalizzata ad accogliere giovani che avessero scontato delle pene carcerarie, e la Nave-Asilo “Scilla”, promossa a Venezia da David ed Elvira Levi-Morenos fin dal 1906 e funzionante come scuola di pesca per gli orfani dei pescatori dell’Adriatico.
La “Caracciolo”, diversamente, fu destinata ad accogliere sia gli orfani dei marittimi sia i fanciulli abbandonati di Napoli – “pericolati” e “pericolanti” nel linguaggio criminologico del tempo -, meglio noti in Italia e nel mondo col nome di “scugnizzi”.
La Direttrice, Giulia Civita Franceschi, salì a bordo della Nave nell’agosto del 1913 e vi rimase fino al 1928, l’anno in cui fu allontanata dal fascismo che, nel suo intento totalitario, volle inserire questo istituto educativo nell’Opera Nazionale Balilla, interrompendone così la peculiare funzione.
Tra le conseguenze negative di questa decisione vi fu anche la mancata realizzazione di un progetto maturato da tempo nella mente della Civita: l’estensione alle bambine e alle ragazze abbandonate, le “scugnizze”, dell’opera di accoglienza e recupero rivolta fino ad allora esclusivamente ai loro coetanei maschi.
Con la nascita della SPEM (Scuola per Pescatori e Marinaretti) nel 1921, infatti, era stato previsto nella località di Misero un edificio destinato alle bambine, ma l’iter per la sua attuazione, pesantemente intralciato da interessi privati, ebbe un esito fallimentare. La vicenda è narrata con precisione da Olga Arcuno in alcuni articoli pubblicati sul mensile “Solidarietà” nel corso del 1949.
Bisogna andare, quindi, agli anni del secondo dopoguerra per ritrovare notizie della signora Civita. E sono due donne, la giornalista Lieta Nicodemi e la vicepresidente del CAF (Centro Attività femminile), Olga Arcuno, a riportarla sulla scena non solo allo scopo di celebrarne i meriti per l’opera compiuta. In realtà, esse si proponevano di ottenere per l’infanzia derelitta di Napoli, all’indomani del secondo conflitto mondiale, una nuova stagione sul modello dell’esperimento educativo della “Caracciolo”. A questo appello Giulia Civita, nonostante i torti subìti e le amarezze sofferte, rispose con grande senso di responsabilità, fornendo, ad esempio, una convinta e appassionata esposizione del suo metodo, illustrandone i risultati e sollecitando a non lasciar appassire il seme di un’esperienza tanto feconda. L’occasione le fu offerta, oltre che dagli articoli di Lieta Nicodemi e di Olga Arcuno, rispettivamente sulle pagine dei giornali “Risorgimento” e “Solidarietà”, anche dal Congresso delle donne napoletane (29-30 giugno 1947), in cui le fu riservata l’intervento inaugurale. Nel corso di esso, “senza false modestie”, Ella ribadì insieme ai concetti fondamentali del suo metodo anche il “primato” femminile in campo educativo e rieducativo. Ma si comprende dal tono del suo discorso e soprattutto dalla conclusione che ciò che le sta più a cuore è, come sempre, la sorte degli “scugnizzi”, quel drammatico problema che “torna oggi ad imperversare in questa nostra martoriata città e vi imperverserà tanto maggiormente quando gli anni renderanno più visibili le conseguenze del passaggio di due eserciti – l’uno di padroni, l’altro di vittoriosi”.