di Giulia Cannada Bartoli
Via San Cosmo fuori Porta Nolana 26/28
Tel.081. 287828 fax 081.06009529
trattoria.dadonato@fastwebnet.it
chiuso :lunedì
aperto a pranzo e cena ( 12.00 – 16,00/ 19:00 – 23.00)
carte di credito, bancomat, TRestaurants: si
ferie: tre settimane in agosto
guida osterie Slow Food 2012 – lingue: inglese e francese
Siamo nel cuore di Napoli, a pochi passi da Piazza Mercato, da Corso Garibaldi, dalla stazione centrale, dal Rettifilo e, naturalmente da Porta Nolana.
Piazza Mercato è stata per secoli il centro commerciale e sociale della città, qui non solo, si svolgeva il mercato, ma avevano luogo le condanne a morte di personaggi illustri della storia partenopea. Salendo a ritroso di parecchi secoli, qui fu decapitato nel 1268 Corrado V di Svevia, detto Corradino per la sua giovane età.
Sul luogo dove avvenne l’esecuzione fu edificata una chiesa, l’attuale Santa Croce e Purgatorio al Mercato, dove si trova una delle testimonianze più suggestive del triste evento. Si tratta di una colonna commemorativa in porfido che reca incisa questa frase: “il leone artigliò l’aquilotto ad Astura, gli strappò le piume e lo decapitò”.
È, invece nella vicina chiesa di Santa Maria del Carmine che riposano le spoglie di Corradino: qui si ammira il monumento funebre dello sventurato principe, fatto erigere, secoli dopo, da Massimiliano II di Baviera. Al Carmine, in virtù del lascito della madre, vanamente accorsa a Napoli per riscattarlo, viene detta annualmente una messa in suffragio di Corradino di Svevia
La Basilica Santuario del Carmine Maggiore è una delle più grandi e belle basiliche di Napoli. Risale al XIII secolo, è oggi un esempio unico del Barocco napoletano; si erge in piazza del Carmine, in quella che un tempo formava un tutt’uno con la piazza del Mercato, teatro dei più importanti avvenimenti della storia napoletana. Il popolo napoletano ha l’abitudine di usare l’esclamazione “Mamma Bella d’o Carmene“, ad indicare l’intimo affetto per la Madonna Bruna, stupore improvviso e, in qualche caso, imprecazione :-)
L’altro momento storico che ha segnato la vita di piazza Mercato corrisponde con il periodo della rivolta di Masaniello e della sua morte avvenuta per congiura. Tommaso Aniello d’Amalfi, meglio conosciuto come Masaniello, (Napoli 1620 – 1647) fu il principale protagonista della rivolta napoletana che vide la popolazione civile della città insorgere contro la pressione fiscale imposta dal governo spagnolo. In questo stesso luogo furono giustiziati poi i giacobini dopo la soppressione della Repubblica Partenopea, in particolare Eleonora Pimentel de Fonseca.
Piazza Mercato nella prima meta’ del 1600 era diversa da quella di oggi. Non era uno spettacolo piacevole per gli occhi e per il naso. La parte che percorreva il perimetro della piazza, dove erano le botteghe, era ricoperta di pietre del Vesuvio (inselciato). Il resto erano pantani di terriccio e fango. I contemporanei scrissero che addirittura vi gironzolavano liberamente porci ed altri animali che di certo non contribuivano all’abbellimento della piazza. Tutta l’area era un brulicare di bancarelle con esposti ogni tipo di mercanzia.
La chiesa del Carmine faceva bella mostra di se’ dominando l’intera piazza, oggi, diversi secoli dopo, e’ coperta da un edificio in cemento armato, il nefasto palazzo Ottieri, costruito alla fine degli anni ’50 – inizio anni ’60.
Da qualche decennio, con la nascita del complesso del Cis di Nola, Piazza Mercato, una volta ricca di negozi e grossisti d’ogni genere, ha perso completamente d’importanza. La sera del 5 gennaio la piazza era solita affollarsi per il mercato last minute della Befana, quando tutto, giocattoli e dolciumi, calava di prezzo e si facevano buoni affari; oggi qualcosa è rimasto, ma, non è più come una volta.
Lasciata piazza Mercato e imboccata Via Marina ci dirigiamo verso Corso Garibaldi, dove, quasi all’inizio sul lato sinistro s’intravede Porta Nolana con la Torre, mentre, svoltando a destra ci troviamo in Via San Cosmo Fuori Porta Nolana, la nostra meta low cost.
Questa via (oggi è visibile solo un dosso) era attraversata dal treno della prima circumvesuviana a vapore che raggiungeva Portici: il primo tratto di ferrovia in Italia. Per questa ragione, da allora, gli abitanti della zona la chiamano ancora “ ‘o ponte ‘o vapore”. E’ una strada piuttosto degradata, con qualche vecchio negozio, una macelleria con oltre cinquant’anni di storia e, giusto di fronte, la nostra trattoria – pizzeria da Donato.
Il locale è ampio, evocativo, emana calore e storie da ascoltare. Beh, quattro generazioni non sono poche. Comincia nonno Donato Amoroso, poi i suoi figli, tra i quali Vittorio, e oggi Marilena sua figlia, con il marito Ciro Addo e due figli Francesco e il piccolo “terribile” Andrea.
A due passi sul Corso Garibaldi, di fronte l’antica Pasticceria Vittorio Carraturo dal 1837, c’èra il deposito di tabacco e di fianco a Donato, la fabbrica del ghiaccio. Inoltre, proprio nello stabile accanto alla trattoria, durante il periodo del servizio militare del primo conflitto mondiale, soggiornò per breve tempo l’uomo che sarebbe diventato Padre Pio.
A pochi passi, i sotterranei della caserma Bianchini erano il ricovero per sfuggire ai bombardamenti.
Donato, che cominciò come garzone di pizzeria a 13 anni, ebbe sei figli, cinque maschi ed una femmina, Rosaria, zia di Marilena. Con il tempo e tanta fatica, divenne imprenditore di sé stesso, tanto che i suoi figli, fino all’inizio della seconda guerra mondiale, gestirono tre ristoranti di proprietà, uno nel centro storico, uno alla Torretta (Riviera di Chiaia) ed uno a San Giorgio a Cremano, sempre sotto la supervisione paterna. Qui la tradizione è come l’ossigeno. Dal 1956 agli anni ‘70 il locale di Via San Cosmo va avanti con Donato e Vittorio; alla scomparsa del capostipite Donato, subentra il fratello di Vittorio, Salvatore fino al 2006, anno in cui Marilena – che sin da bambina si aggirava curiosa tra fuochi e tavoli - entra a pieno titolo nella gestione della trattoria, insieme al marito Ciro. Dal 1966 al 2003 Mamma Angela, moglie di Vittorio, è stata un caposaldo del ristorante, una figura sempre presente, che tanti clienti ricordano con affetto e stima. Oggi Papà Vittorio, favoloso pizzaiolo, ha lasciato le “redini”, ma non rinuncia a scendere ogni mattina per rendersi utile.
Mi incuriosisce la divisa tricolore di Marilena, mi spiega che il 150° anniversario non c’entra nulla: in realtà, lei bionda, pelle chiara, occhi azzurri, nessuna cadenza dialettale, perché Mamma Angela aveva vietato alla sua unica figlia femmina di parlare il dialetto, veniva sempre scambiata per straniera; ecco perché dal 2006, quando è arrivata per riportare lustro e splendore al locale di famiglia, per riaffermare la propria italianità e napoletanità, ha scelto il tricolore :-)
Marilena è regina incontrastata in cucina dove la tradizione è protagonista, a volte amabilmente influenzata da misurati guizzi di fantasia della nostra cuoca. Ciro, il marito, è addetto alla spesa, alla sala e alle “pubbliche relazioni”: conosce i clienti uno per uno e ne ricorda preferenze, gusti, e, persino i tavoli.
Il menù è giornaliero con dei punti fermi, i fiori all’occhiello della trattoria. Qui si lavora terra e mare con la stessa passione, oltre alle fantastiche pizze oggi preparate da Gennaro. La lista del giorno è recitata a voce da Ciro, il più delle volte i clienti rispondono: “ Ciro fa tu”!
La cucina è ampia e a vista, il forno per le pizze è multifunzionale, Marilena lo adopera per molti piatti.
Torniamo al menù, uno dei punti forti è l’antipasto fantasia della casa, composto da vari classici e diverse variazioni sul tema giornaliere, secondo quello che passa per la testa della nostra cuoca. Le parmigiane la fanno da padrone: quella di melanzane è ottima, ma ci sono anche quella di patate, zucchine con pesto di basilico e rucola, finocchi e carciofi. Tutte cotte nel forno a legna nelle vecchie pirofile di mammà. Anche la pizza divisa a spicchi tra colleghi o amici fa spesso da antipasto.
La lista dei primi piatti è enciclopedica: tutto, tranne i sughi della tradizione, è preparato al momento, per questo motivo, le minestre di legumi, la pasta e patate con provola e la pasta e zucca si servono su prenotazione; a Marilena non piace servire minestre eccessivamente “arrepusate”, ovvero in stato comatoso, magari due, tre ore dopo dalla preparazione :-)
I classici: ragù, genovese, lardiata, scarpariello, puttanesca, guanciale e pomodorini del Vesuvio, Manfredi con ragù e ricotta.
Sul lato mare prevale il classico, con un piatto a sorpresa tra i più richiesti dai clienti; prima il classico, le linguine allo scoglio,
poi la sorpresa: spaghetti cozze e parmigiano, sì parmigiano, all’inizio ho storto un po’ il naso, ma, provare per credere :-)
Oops! Imperdonabile dimenticanza tra i classici di terra:…
E poi il piatto in omaggio a Nonna Francesca, “ ‘e vruoccoli ‘a puveriell’”: in tempi di guerra non si buttava niente, si utilizzavano anche gli scarti dei broccoli, lessati, lavorati con pane raffermo, molto peperoncino, aglio e sugna. Uno spettacolo. Oggi magari Marilena non usa più gli scarti, ma il piatto è una delizia per il palato e per la memoria. La cuoca non ha un ricettario, dovunque nei mobili in cucina ci sono vecchi quaderni ed agende di mamma Angela e nonna Francesca, ai quali Marilena attinge con qualche libera interpretazione.Il paneee! La mia fissazione, eccolo qui, da forno a legna top secret della zona, profumato, di uno splendido colore… sì lo so, mi ripeto: a Napoli il pane è una pietanza, fondamentale per la scarpetta, buonissimo caldo, a prima fame.
Andiamo sui secondi, anche se, dopo antipasto e primo piatto, potreste mangiare il giorno dopoJ
La carne arriva dal macellaio di fronte o, per tagli speciali, da altro fornitore di fiducia. L’elenco è quello della tradizione: carni della genovese e del ragù( muscolo, gallinella di maiale, tracchie, salsiccia, cotica e nervi), scaloppine in varie maniere, polpette al sugo e poi la Cotoletta alla Donato: fritta, con provola, prosciutto, funghi o melanzane, un po’ di noce moscata, una spruzzata di vino bianco e ripassata nel forno a legna. In percentuale il locale lavora per il 70% come trattoria e per il resto come pizzeria. I secondi di mare variano secondo il pescato: spigole ed orate di mare al forno, alla brace o, all’acqua pazza, polipetti alla luciana, gamberoni alla griglia, ‘mpepata di cozze, calamari ripieni di provola e salame o, scarola e provola.
Il banco dei contorni è a vista davanti la cucina. Melanzane a funghetti, friarielli, finocchi, peperoni, insalate, cavoli al gratin e quant’altro arriva dal fruttaiolo quel giorno.
La mise en place è semplice e curata: tovaglie a quadroni in tessuto, inclusi i tovaglioli, piatti bianchi, bicchieri da trattoria, su richiesta vini imbottigliati e bicchieri professionali. Niente servizio da asporto per il cucinato, solo per le pizze. Le materie prime , ho constatato, sono tutte eccellenti, latticini di Agerola, anche sulla pizza, pomodorini del Vesuvio, olio extravergine di buona marca, frutta e verdura fresche della zona. Marilena cucina con amore, mette il massimo impegno anche in uno spaghetto al pomodoro, del resto basta guardarla mentre racconta di cibo, le brillano gli occhi e la parlantina corre, impossibile fermarla :-)
La clientela è per lo più abituale ad ora di pranzo, impiegati delle Ferrovie e della Circumvesuviana, professionisti, molti turisti non impacchettati in autobus a fermate blindate, e poi vecchi amici e coppie della zona con i quali don Vittorio ama chiacchierare tra una scorsa al giornale e il pranzo con il nipotino Andrea.
Il locale è pieno zeppo di vecchi ricordi, oggetti usati in cucina per anni e oggi “relegati” ad ornamenti:
L’atmosfera è rilassata, qui nessuno va di fretta, l’ora di pranzo è sacra, come la chiacchiera a tavola, non si ordina mai tutto insieme, l’appetito vien mangiando, magari si parte con una piccola cosa e poi ci si lascia coccolare molto volentieri dal “ Ciro fa tu”.
Oh. Dopo tutte queste belle cose c’è da parlar di prezzi. Il pantagruelico antipasto costa 14,00 euro, il coppetiello di alici 3,00 euro, il gattò di patate 6,00 euro. I primi partono da 5,00 a 14,00 euro per gli spaghetti allo scoglio; trippa alla romana 5,00 euro; gigantesca ‘mpepata di cozze 8,00 euro; spaghetti cozze e parmigiano 8,00 euro;contorni 3,00 euro;polipetti alla luciana 7,00 euro;cotoletta alla Donato, una bomba calorica, 10, 00 euro; dolci tra 3,00 e 4,00 euro; 3,50 il vino della casa; 7,50 la bottiglia di marca da 375. L’ultimo euro va per lo squisito e bollente caffè, rigorosamente in vetro, che più napoletano non si puòJ Insomma a conti fatti, a meno che non abbiate il verme solitario, con 20,00 euro tornerete a casa sazi e felici di aver scoperto un luogo che non è una semplice trattoria, è come casa propria con mammà dietro i fornelli, serviti e coccolati e, se volete di più, c’è anche il carrello degli amari e dei dolci fatti da un laboratorio, naturalmente artigianale.
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