domenica 13 marzo 2011

Federico Valicenti, lo chef lucano e la cucina dei 150 dìItalia


150 anni, il risorgimento della cucina italiana.


Come celebrare il 150° Anniversario dell’Unità d’Italia con un significato forte, di spessore in una Nazione fatta di campanili e di stupende identità locali? Cercando di unire i profumi, le eccellenze, le culture attraverso un unico percorso, quello gastronomico. Difficile ma non impossibile. Naturalmente si deve partire sempre dalla classica frase, la nostra cultura dl cibo da dove viene, dove è arrivata e dove vuole andare. Gastronomicamente parlando abbiamo fatto salti da gigante. Fino a qualche decennio fa l’icona dello chef italiano era con la sigaretta in bocca, la barba incolta, quasi sempre alticcio e con la maglietta unta. Mentre la Francia rappresentava uno chef altezzoso, con baffi all’insù e un cappello gigante su una giacca linda. Le cose sono cambiate, la cucina e gli chef italiani stanno vivendo un decennio, oserei dire, magico. La riappropriazione delle identità territoriali ci ha illuminato, fornendo  la consapevolezza che la biodiversità, di cui la nostra nazione è ricca, ci porta lontano e ci rende unici sotto il profilo del gusto e dell’estetica del piatto. Una cucina fantastica e straordinaria, fatta di territorio e di persone, di luoghi e tradizioni, di storie e di sapienze, il tutto mescolato e insaporito dal sale della saggezza antica rivolta al moderno. Sembra di vivere un rinascimento del cibo e del suo territorio. Dalla Sicilia al Trentino come se il filo di Arianna, fatto di sapori e saperi, leghi indissolubilmente lo stivale attraverso i volti e i nomi dei suoi protagonisti. Come quel gioco antico che da piccolo facevo, legare con una matita i puntini per ottenere poi una figura. Ecco l’immagine dell’Italia che cucina, con il cappello da chef sullo stivale, dove i cuochi si raccontano e si parlano attraverso il cibo, le loro cotture, i ricettari. Ecco il rinascimento italiano nuovo, dove dal Nord al Sud le persone che vivono in cucina si scambiano prodotti, tecniche, in un clima di condivisione e di solidarietà che fa crescere tutti. L’esperienza di essere riuscito ad entrare nel gotha della cucina di qualità mi ha profondamente evoluto e fatto crescere. Mi ha reso consapevole, se mai ne avessi bisogno, che la grande cucina è fatta di persone, hanno dalla loro l’umiltà di riconoscere che la materia prima da usare è essenziale anche per la salute del cliente. Consapevoli che solo facendo sistema e donando un poco del tempo agli eventi per la conoscenza della buona cucina e quindi della divulgazione del cibo sano e pulito, si può parlare di Grande Cucina Italiana. Sono orgoglioso di affermare che sto contribuendo a scrivere o riscrivere pagine gastronomiche del risorgimento culinario italiano, ma soprattutto sono orgoglioso di scrivere lucano. Ma non posso neanche fare a meno di pensare che ognuno nella propria regione sia colpevole, responsabile di non saper rimettere insieme i cocci di un vaso di Pandora fatto a pezzi, frantumato, dove le nostre piccole diatribe, faide, corporativismi di appartenenza, (per chi, perchè ? per cosa?) a volte prendono il sopravvento sulla logica di unione che fa di noi, delle nostre regioni, un punto di forza. Punto di forza del sistema di condivisione e amicizia che tanto farebbe bene alla comunicazione del grande patrimonio enogastronomico Lasciamo da parte le nostre sciocche faide, inutili e stanche che altro non ottengono se non il remare contro quella grande affermazione universale che la nostra cucina merita. Stanco delle inutili beghe. Stufo dei canti coercevi che si alzano nel mondo della comunicazione. Stanco delle continue dicotomie tra innovatori e conservatori, molecolari e tradizionali, chimici e naturali. Stufo degli ipertrofici pieni di ego, di certezze. Stanco di questa supposta superiorità, malcelata, delle persone che li seguono.  Questo è il momento dell’unità, non della divisione. Il momento di far conoscere e di rifondare quella grandezza italiana, che la nostra storia, la nostra ricchezza, il nostro mondo gastronomico ambisce e che solo le beghe di cortile faticano ad affermare come meritano. Un sussulto, un moto d’orgoglio per mettere da parte interessi inutili. Cerchiamo realmente, veramente, seriamente  di fare la nostra parte che è quella che serve per l’Unità Gastronomica Italiana.

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