lunedì 27 dicembre 2010

Gay Odin. Dal Piemonte a Napoli, un viaggio al cioccolato lungo un secolo




tutto comincia da qui Isidoro Odin e sua moglie Onorina Gay
Gay Odin Maestri Cioccolatieri
Via Vietrera 12, Napoli
Tel. 39.081.41.78.43
www.gayodin.it

La cioccolata è l’unica arte che riesce ad incantare tutti e cinque i sensi…eh sì, è proprio vero: vista, olfatto, gusto e tatto sono senza dubbio quelli più coinvolti, ma anche l’udito fa la sua parte, soprattutto se si entra in una fabbrica di cioccolato artigianale con quasi cento anni di storia. Parliamo di Gay Odin, il palazzo del cioccolato, storica dimora su cinque piani in Via Vetriera, nel cuore  chic della città, alle spalle dell’altrettanto storico cinema- teatro Delle Palme.
Gay Odin per i napoletani è un’istituzione, dal 1993 è stato anche dichiarato monumento nazionale. Per la maggior parte dei napoletani, la secolare fabbrica è un ricordo di infanzia, di quando nonni, zii e genitori ci consegnavano tra le mani quel sacchettino bianco con la scritta blu da dove spuntavano golosità di ogni tipo: le ghiande o le noci ripiene di crema gianduia, i bombonati coperti di zucchero bianco, e una volta cresciuti, le scorzette d’arancia ricoperte di cioccolato, gli anellini ripieni di liquore all’anice, i cuneesi al rhum, per non parlare dei mitici tronchetti di cioccolato foresta.

I bombonati, palline di cioccolato fondente ricoperte di diavolini di zucchero, la più grande contiene una mandorla di Avola tostata
Il 1922 fu un anno denso di eventi per l’Italia, da Napoli è in marcia l’avventura fascista, al teatro San Carlo la borghesia si stringe intorno a Mussolini, difensore della legalità e restauratore dell’ordine. La bell’époque si è dissolta, è trascorsa una stagione irripetibile. Prima la guerra, poi la lunga crisi, l’inflazione, l’ondata di scioperi e di disordini hanno lasciato un segno profondo. Sopravvivono i caffè, ma gli habitué di un tempo si sono dispersi. Anche lo scambio di visite a giorni fissi, fra la gente-bene, le famose periodiche con pasticcini, pettegolezzi e musica vanno scomparendo. In questo periodo nasce però a Napoli la prima piccola fabbrica di cioccolato: la storia comincia con Isidoro Odin, confettiere e cioccolatiere piemontese di origine svizzera. Isidoro  era arrivato a Napoli ed aveva aperto bottega in Via Chaia. Qualcosa a mezza strada fra un laboratorio e un negozio di vendita, ma con una fisionomia molto definita e una scelta di cioccolatini così varia, che, in poco tempo, la sosta da Odin diviene un rituale della passeggiata napoletana. Qualche assaggio, e poi il piacere del sacchetto con l’assortimento. La fortuna del piemontese comincia da qui, Isidoro ci ha visto lungo e conosce bene il mestiere, proviene da una terra di antica tradizione dolciaria, il lavoro non manca, è vero, ma è dipendente, con spazi circoscritti e soprattutto anonimo. Isidoro vuole invece un laboratorio tutto suo, dove dar sfogo a dolci e segrete alchimie alle quali si dedica nei giorni di festa. Sul famoso esempio svizzero, la lavorazione del cioccolato non sembra più offrire altre strade da esplorare, e invece, Isidoro intuisce che i rapporti fra gli ingredienti, il vario utilizzo della cannella e di altri aromi, l’impasto e i tempi di tostatura possono riservare ancora molte sorprese. La sperimentazione sempre più appassionata e gli esiti ai quali il giovane perviene, specie per quanto riguarda i ripieni per cioccolatini, lo spingono prima del previsto alla grande avventura. Che cosa lo portò a Napoli, resta un mistero. L’ipotesi più convincente è che, escluse Torino e Milano, piuttosto vicine ad Alba e già conquistate, non c’è che Roma o Napoli come grandi centri. E qui Odin deve aver fatto un bel po’ di confronti fra le due città, e riflettuto parecchio prima di scegliere, alla fine non ha dubbi. Una valigia, qualche migliaio di lire e un biglietto di terza classe per Napoli. La città lo affascina a prima vista. La folla, che ai primi del secolo anima Toledo sino a notte alta, resterà sempre tra i suoi ricordi più vivi. Odin vuole qui il suo laboratorio, tra negozi di moda, caffè, sartorie, intuisce che il cioccolato debba trovare spazio e vivere fra i piaceri della vita.

Via Chiaia com'era
L’ambiente è piuttosto piccolo, ma in cambio l’ubicazione è felicissima: all’inizio di via Chiaia, prospiciente Largo Carolina. Nel raggio di pochi metri il top della città: il Gambrinus, il Circolo dell’Unione e l’Artistico, le due basiliche di S. Francesco di Paola e di S. Ferdinando, la Galleria Umberto, la Prefettura, il Palazzo reale, il teatro San Carlo. Isidoro Odin subisce il fascino di tanta storia e progetta una bottega discreta, perché la sua all’insegna del fleury, arredata con gusto sobrio e rispettoso riguardo per i vicini monumenti.

la storica vetrina di Via Chiaia
La bottega piace subito, e il cioccolato ancora di più. Ma costa, e questo fatalmente seleziona il pubblico. Basta però che intorno a mezzogiorno si diffonda da via Chiaia a Piazza S. Ferdinando quell’odore intenso di cioccolato tostato, perché anche il passante meno goloso si ritrovi, come per magia, davanti al bancone delle meraviglie di Odin.

Piazza San Ferdinando com'era
Isidoro è ormai famoso, non c’è cerimonia o ricorrenza senza l’omaggio dei suoi cioccolatini. Così al primo negozio si aggiungono gli altri due di via Toledo, e poi, nel 1922, la fabbrica. In realtà il termine è improprio, la dimora a cinque piani costruita in via Vetriera (dei quali il terzo riservato ad abitazioni) non ha niente che possa evocare l’immagine di un opificio industriale. In primo luogo, si trova nel cuore della città, a pochi metri dal palazzo del principe d’Avalos,

Palazzo D'Avalos a pochi metri dalla dimora del cioccolato
e quasi a ridosso di via Dei Mille, dove negli anni Venti gareggiano a prendere casa l’ultima nobiltà borbonica e la migliore borghesia. Inoltre il carattere della lavorazione, le poche attrezzature e il tipo di prodotto, squisitamente artigianale non possono riportare all’idea di fabbrica. La cosa più probabile è che, Isidoro, orgoglioso di aver realizzato un grande laboratorio capace di dar lavoro ad oltre cento persone, abbia ritenuto giusto chiamarlo fabbrica.  Il palazzo di via Vetriera non è la sola novità, cambia anche la ragione sociale, che si trasforma in Gay-Odin, a seguito del matrimonio di Isidoro con Onorina Gay, sua compaesana e collaboratrice. Con il nuovo stato giuridico nasce la storica confezione, emblema dell’azienda, la carta bianca con i caratteri d’ispirazione liberty e colore blu di Prussia. La gestione in due dà ulteriore impulso alla fabbrica – laboratorio, si moltiplicano i punti vendita a Napoli fino ad arrivare a sette nel secondo dopoguerra.

l'ingresso della fabbrica - laboratorio , lo stesso dal 1922
I motivi del successo sono vari: di sicuro la bontà e la freschezza del prodotto, ma, soprattutto, il rapporto con il cioccolato che i Signori Gay Odin hanno da sempre: è la loro storia, la loro cultura, fa parte di quel bagaglio di aspirazioni che tanti anni prima li aveva portati da Alba a Napoli. Sfortunatamente Onorina e Isidoro non hanno avuto figli, ma, non vogliono far morire quanto hanno costruito. Agli inizi degli anni ’60, Isidoro comincia a trasferire tutti i segreti del mestiere e Giulio Castaldi, mantenendo la direzione fino alla sua scomparsa negli anni ’70. Castaldi a sua volta, trasferisce i segreti dell’oro nero al nipote Giuseppe Maglietta che all’inizio degli anni ’80 prende le redini della fabbrica insieme a tutta la famiglia, sua moglie Marisa e progressivamente i figli Davide, Sveva e Dimitri. E’ questa l’affiatata famiglia che oggi vive e lavora, praticamente 24 ore al giorno nel palazzo del cioccolato di Via Vetriera dove anche le pareti di tufo sembrano traspirare cioccolato.

da sx Davide, Sveva, Marisa e Dimitri Maglietta
L’arredamento è quello di una volta tra il fin de siècle e la metà del ‘900, pochissimi i segni di modernità, i macchinari sono tutti artigianali, circa 30 operai si occupano della fabbrica e una ventina sparsa tra i nove negozi di città e quelli prestigiosi di Roma e Milano. Gli uffici sono sobri, arricchiti soltanto da cornici con attestati e riconoscimenti e foto d’epoca della famiglia e delle maestranze.

foto d'epoca con le maestranze
La tecnica di produzione è antica, la tostatura avviene molto lentamente e in maniera artigianale. Eccellenti le materie prime utilizzate a cominciare dal cioccolato esclusivamente della varietà criollo, Theobroma cacao definito anche cacao nobile, ha semi bianchi, molto profumati e poco amari; originario del Messico, rappresenta il seme dei Maya, poco produttivo e delicato, di qualità pregiata. Particolarmente sensibile alle intemperie, ha bisogno di molte cure e la sua resa è relativamente scarsa. I semi sono ricchi di aroma e di sostanze odorose. Il cacao Criollo, sia per i ridotti quantitativi che ne vengono prodotti (rappresenta meno del 10% sul totale del raccolto mondiale), sia per il prezzo più alto, è destinato alla fabbricazione di cioccolata di alto pregio. Ha una colorazione quasi matta poiché il burro di cacao è presente in minime quantità.

cabosside di cacao criollo
Le confezioni sono quelle semplici di una volta , i sacchetti di cellofan a marchio blu e le scatole bianche con marchio e nastro blu, composte a mano, pezzo per pezzo dalle operaie addette al confezionamento. C’è letteralmente da impazzire ad aggirarsi tra i banconi con i cassetti di tutti i tipi di cioccolatini, verrebbe voglia di provarli tutti! La cortesia di Marisa del Vecchio Maglietta che mi accompagna in giro è sconfinata, mi spiega tutto in ogni dettaglio e ad ogni sosta mi dice: “Assaggi”, come si fa a resistere?

la tradizionale scatola blu imperiale e...

... e il suo delizioso contenuto, uno tira l'altro:)
Arriviamo al reparto della produzione stagionale, ovvero di tutte le forme del cioccolato destinate al Natale e all’Epifania, c’è da restare senza parole: Babbo Natale di Cioccolato fondente e barba bianca che sembrano vivi, e poi presepi con tanto di cometa, bottiglie di champagne, alberi di Natale, tavolette fondenti con auguri personalizzati, panettone artigianale al cioccolato. Operaie e dipendenti fanno a gara per farmi fotografare le loro opere d’arte, sono orgogliosi della qualità che producono: è un progetto condiviso, come un’unica famiglia che lavora per mantenere sempre a livelli d’eccellenza la propria creatura: il cioccolato.

Santa Klaus, oh, oh, oh :)

"te piace o presepio?"
Esco “ubriaca” di cioccolato e inebriata dai ricordi d’infanzia, sperando che anche i bambini di oggi possano godere di tali meraviglie. Marisa Maglietta mi rassicura: “Lavoriamo molto con le scuole, le classi vengono in visita per capire cosa c’è dietro una tavoletta di vero cioccolato, non un’anonima stagnola con poco rassicuranti ingredienti, ma puro cioccolato prodotto con le stesse ricette tramandate da Isidoro Odin. La gamma di produzione è vastissima, ai formati tradizionali prodotti tutto l’anno si aggiungono quelli stagionali realizzati appunto per le ricorrenze tipo Pasqua, San Valentino e Natale. Se ancora avete qualcuno da spuntare nella vostra lista dei regali, io non avrei dubbi, un giro nel palazzo del cioccolato che da quasi un secolo custodisce i segreti di un grande prodotto artigianale, risolverà i vostri dubbi. Ascoltate qui:)

un bel Vesuvio di cioccolato e se esplode? Meglio così:) oppure...

un bel barattolo di vero cioccolato
di Giulia Cannada Bartoli

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