Eboli, ristorante Il Papavero e uno sguardo alle sue stanze in slide show
Corso Garibaldi, 112Tel. 0828.330689
ristoranteilpapavero@libero.it
Sempre aperto. Chiuso la domenica sera e il lunedì
Ferie: due settimane a luglio e due a novembre
di Giulia Cannada Bartoli
Di questi tempi cercare di individuare il punto di equilibrio tra l’alta ristorazione, capacità di interpretare senza sovrastrutture eccellenti materie prime e il rischio di essere presi per pazzi innovatori, mistificatori e falsificatori di prodotti è cosa difficile e rischiosa.
Ci prova, nel centro storico di Eboli il biologo gourmand Maurizio Somma, sguardo acuto e appassionato, postura sommessa, sorriso appena accennato, nasconde un cuore grande così. Prima di dissertare sul locale e sui piatti, credo sia giusto soffermarsi sulla storia di Maurizio: a casa, durante gli anni di scuola, poche storie, si mangiava quello che si poteva, a 18 anni la scelta importante, contro tutto e tutti, l’università: biologia, specializzazione in microbiologia e virologia medica, poi la passione per la branca della fecondazione in vitro e, nel 2003, al culmine della carriera, la scelta “fuori di testa”, dare corpo al sogno e all’ amore di una vita, la cucina.
Una vecchia trattoria in centro storico era in vendita, in un attimo la decisione di acquistarla e farne un progetto-laboratorio di idee insieme ad un gruppo di giovani che ancora oggi formano la squadra. Sul concetto di team si fonda tutta la filosofia del Papavero, Maurizio, come tutti gli scienziati, è “broad-minded”, aperto mentalmente, (altra cosa rara da trovare) ben disposto al razionale utilizzo delle risorse, capace di delegare e, soprattutto, incline a fantasiosi, quanto naturali, guizzi di genio. L’indirizzo della cucina è cresciuto negli anni, nel 2003, Maurizio, ospite di un collega a conoscenza della sua sfegatata passione per la cucina, cena da Gennaro Esposito a Vico Equense.
Il colpo di fulmine è immediato, Maurizio resta affascinato dai piatti e dalla personalità di Gennaro, nasce un forte feeling destinato a durare nel tempo e che gli procurerrà tante soddisfazioni e un meschina rappresaglia, Maurizio gli confida il suo progetto del Papavero, Gennaro risponde :” Uagliò tu nun stai ‘bbuono”! La determinazione di Maurizio è forte e il progetto parte, si chiama Papavero: ricordi d’infanzia della Piana del Sele in piena estate, giallo grano e alti papaveri rossi. Il papavero ha una grande corolla rossa e lungo, esile stelo: la grandezza della natura e la meraviglia di ciò che si può fare con grandi materie prime sono la corolla, l’esile stelo è Maurizio, la sua passione che, nonostante il vento, non si è piegata. Alla base di tutto amore per la natura, voglia e curiosità di conoscere: Maurizio gira l’Italia instancabile, va a pranzo e a cena dai grandi, Uliassi eTonino Cannavacciuolo lo incantano, resta affascinato dalle mille declinazioni in cui le materie prime possono esprimersi a seconda dei luoghi e delle diverse interpretazioni dell’uomo. Un po’ come la musica jazz, altra grande passione del biologo della cucina.
A proposito di materie prime, è proprio questo il fulcro della cucina del Papavero, Eboli è al centro della Piana del Sele, come dire, nel paradiso ortofrutticolo, caseario e zootecnico della Campania. Se non bastasse, Maurizio si è dedicato anche all’orto, sopra Santa Croce, una contrada di campagna, da qualche anno pianta ortaggi e frutta che non riesce a trovare sul mercato come i pomodori “datterini” di straordinaria dolcezza. Apriamo una parentesi sul locale e sul progetto architettonico, anche qui nulla è lasciato al caso: pavimenti in cotto storico fiammato e poi asciugato al sole dei fratelli di Martino di Ogliara, (quelli del Chiostro di Santa Chiara a Napoli), calde sfumature dal dorato al mattone contribuiscono alla sensazione di semplice accoglienza che si prova entrando sotto l’arco di pietra viva. Colori della terra, bianco e tanto legno per tavoli e mise en place, 30 coperti per il momento, si, perché il vulcanico biologo ha deciso di adeguarsi ai tempi di crisi e fare una scelta stile “Ducasse”, ovvero creare due ambienti fruibili da diversi target di pubblico. Al piano terra rimarrà una cucina con pochi piatti della tradizione, easy, veloce e adatta a tutte le tasche. La cucina piu’ pensata, passerà al primo piano in un grande appartamento storico con diversi ambienti, ristorante, fumoir, salotto di lettura, il tutto arredato in un elegante stile contaminato tra classico e avanguardia. In sala ci sono Maurizio e il bravo Roberto Longobardi Sommelier con esperienze londinesi. La carta dei vini è curiosa, concentrata sulla Campania ma con grandi etichette nazionali. Buona la profondità di cantina e interessante l’offerta al bicchiere. La squadra è tutto per Maurizio.
La Chef Teresa di Napoli, nata con il Papavero insieme a Domenico Vicinanza, si è e formata da Gennaro Esposito ed è andata a bottega in una delle più antiche pasticcerie napoletane per apprendere segreti e sapori, con lei c’è adesso Fabio Pisticcio, un giovane di belle speranze anche lui ha lasciato l’università per la passione della cucina. Veniamo finalmente ai piatti, la materia di tante disquisizioni più o meno sensate. Il menù varia molto spesso, la carta è frutto dei prodotti di stagione, ci sono sempre sorprese fuori menù. Mi lascio incuriosire dal carciofo di Paestum stufato con gamberi appena scottati in besciamella di carciofo (niente panna o latte) e dal tortino di patate con cipolle rosse su zuppetta d’orzo e farro, mentre attendo non so resistere ai pani caldi al latte, alle acciughe, alle olive e ai grissini con i semi di papavero panificati in casa da Lilli, una ragazza ucraina che ha cominciato come lavapiatti. Questa è la forza del costruire la squadra, Maurizio ha messo Lilli alla prova, oggi panifica pani e dolci due volte al giorno. Ritrovo nel carciofo e nel tortino equilibrio, sostanza, pulizia di sapori e giochi di assonanze. Proseguo (ho assaggiato un po’ di cose ma non finito ogni piatto, la linea ohi ohi) con risotto con fichi bianchi del Cilento, pistacchi e provola con un doppio abbinamento acido e dolce, riduzione di vino da una parte, aceto balsamico dall’altra, divertente gioco di sapori.
L’altro primo a occhi chiusi è la pasta e fagioli di mamma, li apro: ravioli con mousse di sedano, caciocavallo e soppressa in acqua di legumi. Maurizio da bravo biologo utilizza tutto, anche l’acqua di cottura. E’ il momento dei secondi, mi dirigo su due scelte, terra e mare. Stinco stracciato cotto a bassa temperatura con panissa di ceci e verza, e Trancio di pescato con variazione di broccoli(il pesce è spigola o dentice a seconda del mercato) affumicato in casa, il risultato muta a seconda del pesce, il dentice è più sapido e tira fuori note pù marcate dopo l’affumicatura. Sapori netti, intrigante contaminazione per la panissa di ceci, vocabolario dei sapori il trancio di spigola. Ancora sapori intatti e identificabili, nessuna traccia di additivi qui… solo un appassionata fusione tra amore per la cucina e competenza scientifica… i cambiamenti di stato della materia sono una cosa perfettamente naturale.
Mi lascio ovviamente tentare dal dessert, i sapori della mia infanzia, chiudo gli occhi… torta di mele e crema al cioccolato, no: frittelle di mela annurca con salsa di cioccolato e cannella, servito a parte un infuso di mela.
Questa qualità, questa passione hanno un prezzo da sogno, circa 40 euro dall’antipasto al dolce esclusi i vini. Due i menu’ degustazione di pesce o di carne a 40 euro. Dulcis in fundo, trovo una bella novità rispetto alle ultime visite: Papavero Home, un delizioso piccolo B&B, design tra classico e avanguardia, 4 posti letto, ogni comodità, colazione by Papavero, tra 60 e 80euro a notte per 4 posti letto. Qui le persone, i sapori e la sosta per la notte ripagano alla grande il viaggio.
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