domenica 30 novembre 2008

Impressioni da Rosso Rosso Piedirosso




Piedirosso, il vino della napoletanità, della tradizione e della quotidianità, magari non il vino della festa, ma il vino a cui tutti i napoletani e, piu’ in generale, i campani sono profondamente legati. Le origini del piedirosso non sono facili da identificare, è un vitigno conosciuto dai contadini e deve il suo nome alla colorazione rossa del raspo, che a maturazione ormai prossima, ricorda la zampa di un piccione (pere e’palummo) e sono antichissime, il piedirosso era già noto ai tempi della Campania Felix di Orazio e lo ritroviamo anche nella Naturalis Historia di Plinio il Vecchio, citato col nome di uva colombina.
Vitigno autoctono campano, o meglio partenopeo, dal momento che è maggiormente diffuso nelle aree vulcaniche della provincia del napoletano.
Altre espressioni di Piedirosso si ritrovano nel Sannio beneventano e sul Taburno, con caratteristiche organolettiche diverse dal Piedirosso dei Campi Flegrei e dell’ isola d’Ischia. Intanto, non è sempre facile trovare il piedirosso vinificato in purezza, spesso si accompagna a piccole percentuali di uve locali come, il guarnaccino ad Ischia e l’uva marsigliese nei Campi Flegrei e la barbera (quella beneventana) nel Sannio.

Ne abbiamo parlato a Rosso, Rosso, Rosso Piedirosso alla Fabbrica dei Sapori di Cosimo Mogavero a Battipaglia. La degustazione, abbinata a piatti di noti chef campani, è stata la prima occasione in assoluto per un positivo e aperto confronto tra produttori, sommelier, ristoratori, enologi, giornalisti ed appassionati che si sono alternati in un vivace brain storming di proposte, pareri e suggerimenti, senza timore di rivelare pratiche di vigna o cantina, consapevoli che l’esperienza comune è un tesoro del quale l’intero territorio deve beneficiare. Il pubblico in sala ha affermato di ritrovare finalmente una nota riconoscibile nel piedirosso e una qualità media elevata. Non da ultimo il generale buon rapporto prezzo-qualità conferisce a questo vino un marcia in piu’ per poter essere spinto sui mercati assurgendo a dignità territoriale propria.
Il piedirosso non è, e non deve essere considerato, il fratello “scemo” dell’aglianico. E’ invece un vino con precise caratteristiche ampelografiche e sensoriali. Sta ai produttori ed agli addetti di settore lavorare per tracciarne un profilo in qualche modo comune che ne delinei la cd. tipicità. I marcatori sensoriali del piedirosso sono tipicamente aromi secondari, il fruttato di piccole bacche rosse e il floreale del geranio e della rosa, sorretti dalla vinosità e da quella nota vegetale che potrebbe far pensare al cabernet franc, in evoluzione possiamo ravvisare qualche nota appena speziata ed eterea. Al gusto è un vino dai tannini non assenti, né diluiti, semplicemente piu’ lievi ed eleganti, bilanciati in genere da buona freschezza e sapidità. Riguardo la vinificazione sono emersi alcuni spunti interessanti: il piedirosso non è un vitigno da vinificare in maniera esasperata, matura abbastanza precocemente e va lasciato intatto per far si che esprima profondamente il territorio e i diversi microclimi. I campioni assaggiati ieri hanno dato bella prova di questa diversità, sei piccoli cru che stanno andando, a diversi livelli, in direzione della tanto agognata specializzazione del vigneto. I vini di Agnanum, La Sibilla, Astroni, Grotta del Sole, Contrada Salandra e Colle Spadaro hanno espresso micro diversità sensoriali (concentrazione del colore, freschezza, spessore dei tannini, complessità gusto olfattiva e persistenza aromatica) dovute alle diverse zone ed esposizioni dei rispettivi vigneti, ai diversi sistemi di conduzione della vigna, alla vinificazione in purezza o con piccola percentuale di vitigni minori. Tutti si sono presentati in buon equilibrio. La degustazione è stata presentata da Ciro Cenatiempo scrittore e giornalista e da Tommaso Luongo, Delegato Ais di Napoli. Angelo di Costanzo primo Sommelier della Campania 2008 e profondo conoscitore delle vigne di questo bacino dove l’influenza vulcanica e quella del mare lasciano fortissime tracce sensoriali in termini di freschezza, sapidità e mineralità, ha guidato con grande passione e competenza la degustazione. Abbiamo degustato i vini a 14°, la temperatura ideale per il Piedirosso dice Angelo.
Il piedirosso è un vitigno delicato e difficile da quale non si possono pretendere alte rese. Tutti e sei i produttori presenti hanno dichiarato di lavorare su rese molto basse. Col piedirosso non ci si arricchisce, ma certamente, lavorando tutti assieme, si potrà contribuire alla salvaguardia e alla promozione di uno dei vitigni a bacca rossa piu’ amati dai campani.
Abbiamo assaggiato, tranne in due casi ( Agnanum e Contrada Salandra), vini del 2007. La differenza d’ annata si è sentita perché il piedirosso è un vino al quale l’affinamento in bottiglia fa bene, pochi mesi in più fanno miracoli per eleganza e profumi. Qualcuno ha suggerito, compatibilmente con le richieste e i tempi del mercato, di aspettare qualche mese in più prima dell’immissione al consumo. La veste cromatica del piedirosso varia dal rosso rubino di partenza con tendenza al porpora e, in qualche caso, al granato. Per due dei campioni in degustazione, Contrada Salandra e Colle Spadaro, entrambi piedirosso 100%, abbiamo notato un elegante trasparenza che potrebbe essere la “nuova” via del piedirosso.

Il piedirosso è un vino jolly per la tavola campana, si presta a molti abbinamenti, grazie alla struttura non eccessiva, alla bevibilità e alla freschezza, è l’ideale per tutta la cucina di mare del sud, per i piatti a base di ortaggi della tradizione napoletana, per i primi piatti al sugo di pomodoro, pollo e coniglio alla cacciatora e qualche formaggio fresco.

L’abbiamo abbinato alla straordinaria minestra di pasta mista con patatae e crostacei di Gennarino Esposito, alle bruschette di mare di Luigi di Lauro da Pollica e, abbinamento del cuore, alla pizza con provola e friarielli del patron Cosimo Mogavero. Durante tutta la serata chef ai fornelli e collegamento in diretta su sky 849, un’infaticabile Pignataro ha intervistato chef, produttori, enologi, sommelier e giornalisti.

Giulia Cannada Bartoli

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