lunedì 8 novembre 2010

Merano Wine Festival 2010. Fausto Arrighi, Messieur Michelin all’Arena Gourmet con Francesco Sposito


7 novembre 2010
anteprima a sorpresa , Fausto Arrighi all'Arena Gourmet con Francesco Sposìto intervistato da Enzo Ercolino
La giornata uggiosa oggi a Merano non ha influenzato l’ andamento della tre giorni più “in” dell’anno. Da stamattina in Arena Gourmet si aspettava l’inizio della perfomance di Francesco Sposìto, il ventisettenne chef stellato di Taverna Estìa a Brusciano all’ombra del Vesuvio.  Prenotazioni a go go e overbooking. Sul palco la scrittrice, cuoca e giornalista Sara Papa e Francesco Sposìto, timido, “scontroso” executive chef che dal 2005 ha preso le redini del ristorante di famiglia dopo due importanti fasi formative, Igles Corelli e Alain Passard.

Fausto Arrighi degusta il piatto di Francesco Sposìto
Francesco  racconta il suo modo d’intendere la cucina, la crescita e il passaggio dalla tradizione pura alla reinterpretazione degli ingredienti e prodotti del territorio, senza per nulla intaccare sapori e concetti della cucina campana. La perfomance, già molto attesa, si anima di colpo, quando in sala arriva un bisbiglio e poi un annuncio ufficiale: “arriva Fausto Arrighi” , l’Uomo Michelin che fa tremare e palpitare tutti gli chef in Italia.
Chiamato sul palco, sorride e dice ”esco dall’anonimato” e annuncia la prima presentazione della guida a Milano, per poi proseguire entro la fine dell’anno,  con una presentazione – kermesse di beneficenza, “ la serata delle stelle”,  in collaborazione con Merano Wine Festival, durante l’alta stagione pre – natalizia. Arrighi cerca poi di ritirarsi, tentando, senza risultato, di sottrarsi a telecamere ed obiettivi. Lo “catturiamo” al tavolo con Enzo Ercolino che assaggia il “naturalismo di Parmigiana” di Francesco Sposìto, abbinato al Bianco di Bellona, Coda di Volpe Irpinia Doc 2009 della Tenuta Cavalier Pepe.
Naturalismo di Parmigiana live di Francesco Sposìto Taverna Estìa
Intanto sul palco, Francesco spiega il piatto: “arriva dalla mia memoria della cucina di casa, la parmigiana di melanzane cotta nel camino che mia madre ancora prepara e che io adoro”. I prodotti utilizzati sono gli stessi: melanzana violetta napoletana, pomodori datterini del Vesuvio, parmigiano, basilico, olio extravergine, provola. L’idea è geniale, si aboliscono le stratificazioni tradizionali, lasciando intatto il concetto dell’abbondanza, la marcia in più e l’intensità dei sapori sono opera del fantastico terreno vulcanico. La melanzana resta intera, viene privata della buccia che viene messa da parte per essere riutilizzata, viene poi infornata a 160° e affumicata per restituire alla memoria l’odore del camino. Semplice salsa di pomodoro cotta (lasciata a pippiare) a lungo, in infusione, compresa la parte verde dei grappoli, è proprio quella infatti, a conferire l’intenso profumo ai   i pomodori che,  vengono poi spellati. La buccia si conserva per essere disidratata e utilizzata a fine piatto.  La farcia è a base di abbondante parmigiano Reggiano. Una volta uscita dal forno la melanzana viene panata con la buccia del pomodoro disidratata, guarnita con il datterino intero, emulsione di olio e basilico, granella biscottata di parmigiano a ricordare la croccantezza delllo strato superiore della parmigiana classica al forno. Il piatto viene finito con una quenelle di mousse di provola addensata con crema di latte e riso stracotto per conferire l’amido necessario senza alterare il colore della provola. L’abbinamento con il vino, studiato in anticipo da Mario Sposìto Maitre Sommelier di Taverna Estìa, è ben riuscito: le sensazioni gusto olfattive di piatto e vino sono in perfetto equilibrio, la struttura del piatto corrisponde a quella del vino, la tendenza dolce del pomodoro datterino alla freschezza del vino, l’amarognolo della melanzana e l’aromaticità del basilico  a quella della Coda di Volpe.
la panuria di pomodoro
backstage, Mario Sposìto guida le preparazioni
L’obiettivo è raggiunto: stupire per la  modernità e la descrizione pittorica del piatto colpendo allo stesso tempo la memoria del gusto, aiutati dalla persistenza di un grande vitigno autoctono della Campania, la Coda di Volpe.
Dalla nostra inviata a Merano Giulia Cannada Bartoli

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