Martedì 19 novembre alle 17,oo, scoprirete,
divertendovi, una guida-racconto, trasposizione
rivisitata degli articoli della rubrica dell’autrice dedicata alle osterie e trattorie napoletane
pubblicata su lucianopignataro.it dal settembre 2010.
E’iniziato così il
lavoro: la redazione di una lista di locali da visitare; poi l’incontro con il primo
‘Vini e Cucina’. Qui l’autrice intuisce che l’approccio per stilare le recensioni deve
distaccarsi dai metodi ad alta velocità del web. L’unico limite è la soglia di prezzo, massimo 25 euro; per il
resto, avendo una formazione umanistica, Giulia Cannada Bartoli è scesa in profondità: creando un’empatia immediata con i
titolari delle trattorie, al 90% con una storia di oltre cinquant’anni.
La diffidenza iniziale è stata vinta semplicemente parlando la lingua
napoletana, quella imparata da ragazza. In
tutti i locali si parla la lingua vera,
quella che oggi si sta perdendo. L’autrice non ha seguito schemi, perché Napoli non ne ha mai avuti. La prima
mossa è stata la ricerca dell’etimologia dei due termini ‘Trattoria’ e
‘Osteria’ riportati per esteso alle pagg. 43 e 156 della guida. Incontri con persone autentiche, poco inclini al lucro,
nessun risparmio sulle semplici materie prime, in sostanza quelle della cucina
dei napoletani conosciuti già dal XVI secolo come ‘magnafoglie prima e ‘magnamaccheroni’
poi. Pasta in tutti i modi della tradizione, ( Ragù e Genovese in primis) pane
(sempre eccezionale), parmigiane di melanzane, polpette, braciòle, frittate,
baccalà, trippa, sono solo un esempio dei menù quotidiani.
Persino il fuori menù è ammesso, dal momento che
molte delle trattorie si trovano nei pressi di famosi mercati rionali a cielo aperto:
basta uscire un attimo per soddisfare il desiderio del cliente.Poco alla volta,
è riemersa una Napoli differente, quella
che ha ritrovato la cucina della memoria; forte il bisogno di Giulia Cannada
Bartoli di approfondire e inquadrare la storia di tanti quartieri della propria
città che non conosceva, raccontando e descrivendo piazze, vicoli, chiese e
monumenti.L’idea di passare dal web alla carta stampata nasce da suggerimenti
erichieste di alcuni lettori del sito: realizzare una guida per poter
consultare in modo ‘tradizionale’ le trattorie già descritte nella rubrica
internet,per mantenere vivo quel particolare piacere di sfogliare un libro, per
sua natura capace di trasmettere ‘tangibilmente’ particolari sensazioni, riflessioni
ed evocare ricordi. Questa guida si propone, attraverso racconti e leggende del
passato, di descrivere le singole trattorie (l’ambiente, le persone, le
pietanze) nel proprio contesto storico e socio-culturale. Il legame fra le
trattorie, la vita di quartiere e quella dei clienti, quasi sempre abituali, è
strettissimo. A Napoli, come in poche altre città, c’è ancora l’usanza
dell’asporto del‘cucinato’: mamme in difficoltà, impiegati, operai, vengono a
comprare porzioni del menù del giorno, invece di rovinarsi la salute in fast food
o in rosticcerie improvvisate. Anche le persone in difficoltà,(sempre di più in
questi tempi) ricevono sempre un piatto
caldo o la classica ‘marenna’ (il pane farcito con il ‘cucinato’).
L’oste o l’ostessa, a conferma dell’etimo (ospes, ospite) accolgono tutti con grande calore, senza differenze di
sorta, imparando velocemente nomi, gusti e orari dei singoli clienti e
ricevendo, con la stessa confidenziale gentilezza, anche i nuovi avventori, in
virtù dell’innato senso della convivialità e cordialità del popolo napoletano
autentico.
Scambi di opinioni con tanti turisti: le loro guide riportano argutamente tutte le
trattorie visitate. Non si può dire di aver conosciuto Napoli in profondità
senza averne assaggiato la cucina tradizionale, tramandata di generazione in
generazione e, per di più, a costi accessibili. Andando avanti nelle visite,
passione e curiosità crescevano, risvegliando nell’autrice l’amore profondo per
la propria città, misto a rabbia nel
constatare come si è ridotta. È come se Napoli fosse una signora molto bella,
truccatissima, ma non curata nell’intimo. In pratica qualche piazza è stata
trasformata in effimeri salotti chic e ci si è dimenticati del cuore di Napoli,
ne hanno fatto “nu quadro ’e
lontananza...”..
Non è bene, tuttavia, piangersi addosso ed
esaltare i lati negativi... altrimenti
si dovrebbe ascoltare Eduardo: «Fuitevenne ’a Napule!». Noi non scappiamo, vogliamo bene a questa
città, nonostante tutto.
il grande Eduardo
Le cinquanta trattorie sono diventate rifugio di
sana umanità; sapori e ricette che sopravvivono grazie alla fatica di persone
che, per restare in pari, lavorano anche diciotto ore al giorno con
instancabile passione ed entusiasmo. La conduzione dei locali è quasi sempre
familiare, il che aiuta a contenere i costi. Qui si mangia anche alle quattro
del pomeriggio o a tarda notte. Tante
sane risate nell’assistere ad
allegri litigi e rimbrotti tra genitori e figli o tra marito e moglie. Indimenticabili
nomi, sorrisi e ringraziamenti sinceri
di persone semplici con le quali si è instaurato un rapporto di sincera
amicizia. Naturalmente, Napoli e provincia celano ancora molti di questi
tesori; questo lavoro vuole essere perciò solo un primo approccio, per poi
continuare a viaggiare in città e, soprattutto, in provincia, per scoprire
altre meraviglie umane e gastronomiche. Ciò che rimarrà scolpito nella memoria
e nel cuore dell’autrice è il modo di intendere la vita di queste persone, i
veri napoletani: «stamm’ sott’ ’o cielo, ’a vita è nu muorzo»; non possiamo prevedere il futuro, inutile angustiarsi, la vita
è breve, non va sprecata, ma assaporata attimo per attimo, magari, trovando
conforto nel buon cibo quotidiano della tradizione partenopea, nella dignità e
nel piacere dell’affettuosa e solidale condivisione - pur non conoscendosi a fondo - di gioie e
dispiaceri .
In chiusura un brindisi con i vini delle Donne del Vino della
Campania
info e adesioni 081 . 781 92 16 – 3398789602 ore ufficio
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