Uva: fiano
Fascia di prezzo: da 5 a 10 euro
Fermentazione e maturazione: acciaio
Vista 5/5. Naso 26/30. Palato 25/30. Non Omologazione: 32/35.
Cominciamo da qui: territorio e progetto. Le cose non nascono a caso e neanche i vini. E’ quello che è accaduto per la produzione di Peppino Pagano, illuminato e lungimirante patròn del Savoy Beach di Paestum e da un po’ di anni agricoltore convinto legato alle tematiche del biologico e della biodinamica. Le vigne del Trentenare si trovano in una posizione magnifica: a Giungano, comune di Capaccio, località Cannito; l’esposizione è fortunata, sud-sud/ovest tra 150 e 210 metri sul livello del mare. In realtà si tratta di vigne pedemontane perché si trovano giusto sotto il Monte Sottano, ergo, l’escursione termica giorno-notte è costante e garanzia di grandi profumi. La vista è fantastica: il Golfo di Salerno fino a Capri. Il vino è piena espressione delle caratteristiche del terreno e della coltivazione. Il suolo è argilloso – calcareo con grande ricchezza di scheletro: ciò conferisce struttura, freschezza e longevità a questo fiano che ho degustato a due anni dalla vendemmia; di solito è un vino d’annata ma una ristoratrice coraggiosa e innamorata del Cilento ha scommesso e l’ha tenuto in carta, si tratta di Maria Rina del Ghiottone di Policastro che ben conosciamo.
Gli interventi in vigna sono pochissimi e per niente invasivi secondo i principi della biodinamica e del biologico (non certificato, poiché tale operazione aggiungerebbe costi al vino e il nostro vignaiolo è uno che sa vendere) adottati da Pagano. In primis 'sovescio' con favino e sulla; quest’ultima ha una particolare importanza, poiché, essendo dotata di radici molto lunghe e spesse che affondano nel terreno, quando vengono divelte lasciano ampi fori per l’ossigenazione della vite. Il concime è naturalmente letame di bue, spesso vecchio di un anno. In vigna non si entra con mezzi gommati che appiattirebbero il terreno ma, solo con cingolati leggeri: tutto è studiato nei minimi particolari. La resa è di circa 60 quintali per ettaro. Si vendemmia a metà settembre, si vinifica solo in acciaio, con un bel lavoro sulle fecce fini, per quanto il mercato e le fiere permettono, si cerca di mantenerlo, per imbottigliarlo tra maggio e giugno, ma non sempre si riesce. Veniamo al fiano: nonostante i due anni d’età, i profumi e il colore si sono mantenuti integri, segno che le caratteristiche organolettiche sono in piena forma; il colore non ha virato verso il giallo intenso, ma, si è mantenuto paglierino con qualche riflesso ancora verdognolo e cristallino, segno di ulteriore potenziale di durata nel tempo. Al naso i sentori sono complessi, fruttato di agrumi, floreale di ginestra, aromatico di erbe mediterranee, in particolare rosmarino; sul fondo salmastro si avverte una leggerissima nota mielata che ritorna al palato. L’ingresso in bocca è un’esplosione di sapidità e mineralità con le note nasali che ritornano al millimetro. La struttura è notevole (13,5 % alcool), ne soffre appena (causa dell’annata 2011) la freschezza, un tantino surclassata dalla sapidità. Mi conferma poi il patròn che normalmente il vino si ferma ai 13%. Il sorso è pieno, avvolgente e di straordinaria lunghezza e persistenza aromatica; un bicchiere di territorio accattivante, varietale e decisamente elegante. Caratteristiche frutto del progetto iniziale elaborato con Riccardo Cotarella senza allontanarsi dalle idee chiare e già definite di Pagano. In vigna durante l’anno c’è Alessandro Leoni valido assistente del professore. Persino l’etichetta, dopo molti tentativi, riproduce il bufalo che richiama perfettamente il paesaggio e la terra dove nasce il Trentenare. Pagano è partito da quello che sapeva fare e ha voluto, con la collaborazione di uno studio grafico locale (questo è saper fare sistema), ritornare all’antico, riproducendo un decoro presente nel museo archeologico di Paestum. Dall’archeologia a un vino del presente e del futuro, saldamente legato alla terra e alla buona agricoltura; non guasta l’ottimo rapporto prezzo – qualità (il vino esce a 7 euro + iva dalla cantina), per giungere a un prodotto di piacevolissima beva e super abbinabile. Lo abbiamo bevuto sul polpo agli agrumi, ravioli di melanzana con pomodorino e provola e pasta e fagioli con le cozze del Ghiottone, altro presidio inespugnabile del territorio.
Qui la precedente scheda del settembre 2012
Scheda di Giulia Cannada Bartoli
Sede a Giungano (Sa). Sede legale a Stio Cilento, Contrada Zerrilli. Tel. 0828.1990900.www.sansalvatore1988.it. Enologo: Riccardo Cotarella e Alessandro Leoni. Ettari: 16,50 vitati. Bottiglie prodotte: 100.000. Vitigni: fiano, falanghina, aglianico
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