dall’inviata a Verona Giulia Cannada Bartoli
Presentata a Vinitaly la prima analisi etnografica realizzata nel mondo del vino italiano commissionata dall’Associazione Nazionale delle Donne del Vino al Centro Studi Etnografia Digitale.
Alla presentazione della ricerca hanno partecipato Alex Giordano co-direttore del Centro Studi Etnografia Digitale, assistito dai due ricercatori Alessandro Coliandro e Massimo Airoldi; Oscar Farinetti Patròn di Eatitaly, Elena Martusciello, Presidente nazionale delle Donne del Vino, Stevie Kim Managing Director Vinitaly International; l’incontro è stato moderato dal giornalista del Mattino e wineblogger Luciano Pignataro.
Introduce i lavori Elena Martusciello ringraziando l’Ente Fiera, il numeroso pubblico di addetti ai lavori e appassionati e i ricercatori autori della ricerca; ricordando infine le iniziative dell’associazione al Vinitaly per il venticinquennale, non ultima la degustazione dei dieci vini del 1988 delle Donne del Vino dello scorso 7 aprile.
Dopo i saluti istituzionali si entra nel vivo dell’argomento con Alex Giordano: “ intanto, esordisce Giordano, il termine stesso Social Media è un termine inesatto poiché i social network costituiscono un ecosistema e non un mezzo di comunicazione, vale a dire, siamo di fronte ad un insieme di pratiche e comportamenti degli individui nell’era 2.0. che servono come strumento di analisi.
L’approccio allo studio quindi non poteva prescindere da un taglio antropologico, avvalendosi dell’esame delle categorie interpretative prese in considerazione da tale disciplina. Sono stati analizzati pertanto reazioni e comportamenti di un campione di 83 aziende nel lasso temporale intercorso dal 26 febbraio al 18 marzo u.s. L’oggetto e i risultati dell’analisi ( che sarà disponibile a breve sul sito dell’Associazione delle Donne del Vino) sono fondamentali per l’adozione da parte delle imprese di un nuovo tipo di marketing innovativo fortemente indirizzato alla condivisione con i consumatori, laddove le analisi di mercato oggi si possono svolgere con l’ausilio di un pubblico ben più vasto. Ai risultati si è pervenuti infatti analizzando attentamente le risposte dei singoli sul web.
Terminata la spiegazione dei metodi e degli obiettivi, Giordano passa il testimone ai due ricercatori – Massimo Airoldi e Alessandro Caliandro che hanno effettivamente svolto l’analisi e messo a sistema i dati risultanti.
Si è cercato di ricostruire ‘il percepito’ dei consumatori di vino sul web;sono stati analizzati 7098 post tra Twitter e Facebook inserendo parole chiave quali: aziende di vino, vini, winebloggers etc.. Da Twitter è venuto fuori che raramente gli utenti comuni menzionano brand specifici, si parla di vino come di un bene culturale con forte valenza narrativa piuttosto banale; diverso è il comportamento degli appassionati ed esperti i cd. winelovers:qui le parole associate al concetto vino scendono nello specifico, ad esempio si ritrovano termini quali vino rosso, brunello, frescobaldi, degustazione, oltrePo, etc. sono stati analizzati gli hash tag di twitter, ovvero le etichette utilizzate quando i wine lovers parlano di vino. Attraverso questa rete di hash tag si risale al modello italiano, mediterraneo della cultura del vino che è quella ‘bagnata’, vale a dire legata all’abbinamento con il cibo e quindi con i territori ed infine con i brand.
Quelli che parlano di vino on line con competenza sono stati definiti speechmakers: molti soggetti scollegati tra di loro tranne una community di esperti e addetti ai lavori, riconosciuti come influencers in base a quanti retwitter ricevono dagli utenti.
Questi individui condividono un trend culturale del vino inteso come prodotto sostenibile, naturale, rispettoso del territorio e tendono ad avere rapporti diretti con i produttori; danno un’importanza relativa al packaging, ovvero all’ ‘habillage’ della bottiglia;badano alla sostanza, a quello che c’è dentro, ma se c’è anche una bella etichetta viene accettata con piacere. L’approccio femminile è diverso a seconda se si tratti di winelovers o meno; nel primo caso non c’è differenza dai comportamenti precedenti; nell’altro caso il vino viene visto come il ‘demone attentatore’ della linea e del peso forma.
I winelovers che interagiscono sui vari social forum danno vita a quella che è stata definita una web tribe, un aggregato disperso che genera un immaginario comune e definito. Queste comunità sono su twitter e instagram e non su facebook che non genera in percentuale, post sostanziali.
C’è poi una seconda community, quella dei bloggers definita knowledge community che crea una cultura , un sapere del vino. Sono stati selezionati 30 wine bloggers secondo la classifica e buzzing e non a caso il blog del moderatore è risultato al centro della mappa delineata per livello di influenza sugli utenti.
La terza community è Instagram si tratta di singoli consumatori che attraverso foto pubblicate sul tema del vino formano una rete internazionale con varie anime:
Divertente rilassante conviviale ma cmq sofisticata
Golosa, stare insieme mangiando
Bella e dannata anima anglosassone e americana
Green sostenibilità biodiversità
Da qui sono derivati una serie di hash tag e collegamenti ad individuare il mondo del vino:
Italia
Portogallo
Conviviale
Rilassante
Da abbinare
Territorio storia tradizione e scetticismo rispetto ai vini stranieri soprattutto americani
L’analisi ha delineato anche delle identità culturali, modi di rappresentarsi positivi o negativi:
Enjoyer atteggiamento di godibilità sempre sempre volto a scoprire se stessi
Vino oggetto di culto liturgico solitario da parte di grandi conoscitori di marchi che si autocelebrano nel citarli.
Wine victim come mezzo per curare la solitudine e poi bevono da sole
Wanna be molto interessato ma non ne capiscono niente.
Tra i 30 wineblog sono stati ricercati i marchi di vino piu’ citati e tra le 83 aziende vitivinicole sono stati selezionati 12 top player, cioè le aziende che su twitter meglio aggregano i consumatori in base al numero di follower ma soprattutto in base alla loro capacità di engagement con il pubblico, ovvero di coinvolgimento in iniziative. E’ stato inoltre analizzato il Sentiment rispetto ai brand: non esiste sentiment negativo sui brand. Chi ama parlare del vino non denigra altri brand, è come se tutti i marchi di vino fossero la nazionale di calcio ognuno con il proprio ruolo nel rispetto dell’altro. Si è delineata, al contrario di quanto ci si poteva aspettare, una presenza preponderante dei grandi marchi sui forum.
Terminata la fase esplicativa dell’analisi, la parola è passata a Stevie Kim, diretta e pragmatica ‘capitano’ non giocatore di Vinitaly International.
La Kim esordisce affermando che a meno di non essere angelo gaja o Oscar farinetti bisogna per forza fare i conti con il mondo dei social media, dicendosi sorpresa dell’assenza di qualsiasi menzione di hash tags quali: vinitaly, italian wine etc, giustificata dal fatto che si tratta di uno studio sull’Italia. La Kim effettua una carrellata della presenza mediatica nel 2.0 di Vinitaly, invitando aziende e operatori ad utilizzare, soprattutto per il B2B il canale linkedn dove Vinitaly ha 5600 contatti , di cui il 90% per cento operatori a disposizione di tutti. Inoltre utilizzando twitter con hash tag vinitaly 2013, i post vengono intercettati e ritrasmessi da Vinitaly.
Terminata la fase digitale si torna all’analogico con Oscar Farinetti Patròn di Eataly che esordisce scerzando: “Mi domando perche mi avete invitato…”
Le analisi e sondaggi servono a prendere delle decisioni. L’analisi è molto importante in qualsiasi progetto per prendere decisioni. Se si sbaglia l’analisi è la fine. Noi italiani dobbiamo puntare sulle nostre vocazioni: agroalimentare, moda, turismo, industria manifatturiera di precisione ed è vergognoso che siamo al di sotto di Francia e Spagna.
Quanto ai digital devices, Farinetti ammette di non trovare in questi strumenti molta poetica e narrazione e di preferire l’interazione fisica con le persone. Parlando di futuro il patròn afferma che non si deve pensare che il futuro sia solo progresso. La dicotomia tra civiltà dei consumi e progresso ha portato alla riduzione dei posti di lavoro: se togliamo lavoro e salario produciamo disoccupazione. La crescita non è solo progresso: una scala può essere più futuristica di un ascensore se sulla scala c’è una mostra del Rinascimento, si guarda la mostra, si chiacchiera con il coinquilino: la tendenza all’ aumento dell’ira è dovuta alla riduzione delle relazioni umane ‘analogiche’. Farinetti chiude affermando di credere fortemente nella democraticità della rete come nuovo modello partecipativo. La sapienza non è sempre avere sempre risposte a delle domande. Si puo’anche stare nel paesaggio delle domande senza risposte. Ma esorta tutti a non abbandonare la poetica che è il plus che ci distingue dagli altri produttori di vino del mondo.
In chiusura arrivano numerosi interventi dalla sala gremita: ci si rende conto di essere ancora all’inizio, i vecchi media si stanno rendendo conto del cambiamento grazie al calo della pubblicità sul cartaceo. Ci troviamo di fronte a dati naturalistici di ascolto di dichiarazioni on line che consentono una mappatura precisa dei flussi comunicativi e comportamentali degli utenti. In Italia Twitter è ancora concepita come una chat, si tratta invece di uno strumento di collegamento di contenuti che sono in un altro luogo. Le aziende devono esser capaci di comunicare sui social media il lento valore, la fatica e la passione che sono dietro una bottiglia. L’incontro ha decisamente arricchito tutti i presenti, illustrando metodi non obiettivi. Ricerca e comunicazione vanno implementate attraverso la rete.
Si conclude poeticamente con una citazione ‘analogica’ di Farinetti di una frase di Cesare Pavese: “Il Barolo è il vino per fare l’amore d’inverno ma solo le donne lo capiscono.”
Una citazione da twittare :-)
Presentata a Vinitaly la prima analisi etnografica realizzata nel mondo del vino italiano commissionata dall’Associazione Nazionale delle Donne del Vino al Centro Studi Etnografia Digitale.
Alla presentazione della ricerca hanno partecipato Alex Giordano co-direttore del Centro Studi Etnografia Digitale, assistito dai due ricercatori Alessandro Coliandro e Massimo Airoldi; Oscar Farinetti Patròn di Eatitaly, Elena Martusciello, Presidente nazionale delle Donne del Vino, Stevie Kim Managing Director Vinitaly International; l’incontro è stato moderato dal giornalista del Mattino e wineblogger Luciano Pignataro.
Introduce i lavori Elena Martusciello ringraziando l’Ente Fiera, il numeroso pubblico di addetti ai lavori e appassionati e i ricercatori autori della ricerca; ricordando infine le iniziative dell’associazione al Vinitaly per il venticinquennale, non ultima la degustazione dei dieci vini del 1988 delle Donne del Vino dello scorso 7 aprile.
Dopo i saluti istituzionali si entra nel vivo dell’argomento con Alex Giordano: “ intanto, esordisce Giordano, il termine stesso Social Media è un termine inesatto poiché i social network costituiscono un ecosistema e non un mezzo di comunicazione, vale a dire, siamo di fronte ad un insieme di pratiche e comportamenti degli individui nell’era 2.0. che servono come strumento di analisi.
L’approccio allo studio quindi non poteva prescindere da un taglio antropologico, avvalendosi dell’esame delle categorie interpretative prese in considerazione da tale disciplina. Sono stati analizzati pertanto reazioni e comportamenti di un campione di 83 aziende nel lasso temporale intercorso dal 26 febbraio al 18 marzo u.s. L’oggetto e i risultati dell’analisi ( che sarà disponibile a breve sul sito dell’Associazione delle Donne del Vino) sono fondamentali per l’adozione da parte delle imprese di un nuovo tipo di marketing innovativo fortemente indirizzato alla condivisione con i consumatori, laddove le analisi di mercato oggi si possono svolgere con l’ausilio di un pubblico ben più vasto. Ai risultati si è pervenuti infatti analizzando attentamente le risposte dei singoli sul web.
Terminata la spiegazione dei metodi e degli obiettivi, Giordano passa il testimone ai due ricercatori – Massimo Airoldi e Alessandro Caliandro che hanno effettivamente svolto l’analisi e messo a sistema i dati risultanti.
Si è cercato di ricostruire ‘il percepito’ dei consumatori di vino sul web;sono stati analizzati 7098 post tra Twitter e Facebook inserendo parole chiave quali: aziende di vino, vini, winebloggers etc.. Da Twitter è venuto fuori che raramente gli utenti comuni menzionano brand specifici, si parla di vino come di un bene culturale con forte valenza narrativa piuttosto banale; diverso è il comportamento degli appassionati ed esperti i cd. winelovers:qui le parole associate al concetto vino scendono nello specifico, ad esempio si ritrovano termini quali vino rosso, brunello, frescobaldi, degustazione, oltrePo, etc. sono stati analizzati gli hash tag di twitter, ovvero le etichette utilizzate quando i wine lovers parlano di vino. Attraverso questa rete di hash tag si risale al modello italiano, mediterraneo della cultura del vino che è quella ‘bagnata’, vale a dire legata all’abbinamento con il cibo e quindi con i territori ed infine con i brand.
Quelli che parlano di vino on line con competenza sono stati definiti speechmakers: molti soggetti scollegati tra di loro tranne una community di esperti e addetti ai lavori, riconosciuti come influencers in base a quanti retwitter ricevono dagli utenti.
Questi individui condividono un trend culturale del vino inteso come prodotto sostenibile, naturale, rispettoso del territorio e tendono ad avere rapporti diretti con i produttori; danno un’importanza relativa al packaging, ovvero all’ ‘habillage’ della bottiglia;badano alla sostanza, a quello che c’è dentro, ma se c’è anche una bella etichetta viene accettata con piacere. L’approccio femminile è diverso a seconda se si tratti di winelovers o meno; nel primo caso non c’è differenza dai comportamenti precedenti; nell’altro caso il vino viene visto come il ‘demone attentatore’ della linea e del peso forma.
I winelovers che interagiscono sui vari social forum danno vita a quella che è stata definita una web tribe, un aggregato disperso che genera un immaginario comune e definito. Queste comunità sono su twitter e instagram e non su facebook che non genera in percentuale, post sostanziali.
C’è poi una seconda community, quella dei bloggers definita knowledge community che crea una cultura , un sapere del vino. Sono stati selezionati 30 wine bloggers secondo la classifica e buzzing e non a caso il blog del moderatore è risultato al centro della mappa delineata per livello di influenza sugli utenti.
La terza community è Instagram si tratta di singoli consumatori che attraverso foto pubblicate sul tema del vino formano una rete internazionale con varie anime:
Divertente rilassante conviviale ma cmq sofisticata
Golosa, stare insieme mangiando
Bella e dannata anima anglosassone e americana
Green sostenibilità biodiversità
Da qui sono derivati una serie di hash tag e collegamenti ad individuare il mondo del vino:
Italia
Portogallo
Conviviale
Rilassante
Da abbinare
Territorio storia tradizione e scetticismo rispetto ai vini stranieri soprattutto americani
L’analisi ha delineato anche delle identità culturali, modi di rappresentarsi positivi o negativi:
Enjoyer atteggiamento di godibilità sempre sempre volto a scoprire se stessi
Vino oggetto di culto liturgico solitario da parte di grandi conoscitori di marchi che si autocelebrano nel citarli.
Wine victim come mezzo per curare la solitudine e poi bevono da sole
Wanna be molto interessato ma non ne capiscono niente.
Tra i 30 wineblog sono stati ricercati i marchi di vino piu’ citati e tra le 83 aziende vitivinicole sono stati selezionati 12 top player, cioè le aziende che su twitter meglio aggregano i consumatori in base al numero di follower ma soprattutto in base alla loro capacità di engagement con il pubblico, ovvero di coinvolgimento in iniziative. E’ stato inoltre analizzato il Sentiment rispetto ai brand: non esiste sentiment negativo sui brand. Chi ama parlare del vino non denigra altri brand, è come se tutti i marchi di vino fossero la nazionale di calcio ognuno con il proprio ruolo nel rispetto dell’altro. Si è delineata, al contrario di quanto ci si poteva aspettare, una presenza preponderante dei grandi marchi sui forum.
Terminata la fase esplicativa dell’analisi, la parola è passata a Stevie Kim, diretta e pragmatica ‘capitano’ non giocatore di Vinitaly International.
La Kim esordisce affermando che a meno di non essere angelo gaja o Oscar farinetti bisogna per forza fare i conti con il mondo dei social media, dicendosi sorpresa dell’assenza di qualsiasi menzione di hash tags quali: vinitaly, italian wine etc, giustificata dal fatto che si tratta di uno studio sull’Italia. La Kim effettua una carrellata della presenza mediatica nel 2.0 di Vinitaly, invitando aziende e operatori ad utilizzare, soprattutto per il B2B il canale linkedn dove Vinitaly ha 5600 contatti , di cui il 90% per cento operatori a disposizione di tutti. Inoltre utilizzando twitter con hash tag vinitaly 2013, i post vengono intercettati e ritrasmessi da Vinitaly.
Terminata la fase digitale si torna all’analogico con Oscar Farinetti Patròn di Eataly che esordisce scerzando: “Mi domando perche mi avete invitato…”
Le analisi e sondaggi servono a prendere delle decisioni. L’analisi è molto importante in qualsiasi progetto per prendere decisioni. Se si sbaglia l’analisi è la fine. Noi italiani dobbiamo puntare sulle nostre vocazioni: agroalimentare, moda, turismo, industria manifatturiera di precisione ed è vergognoso che siamo al di sotto di Francia e Spagna.
Quanto ai digital devices, Farinetti ammette di non trovare in questi strumenti molta poetica e narrazione e di preferire l’interazione fisica con le persone. Parlando di futuro il patròn afferma che non si deve pensare che il futuro sia solo progresso. La dicotomia tra civiltà dei consumi e progresso ha portato alla riduzione dei posti di lavoro: se togliamo lavoro e salario produciamo disoccupazione. La crescita non è solo progresso: una scala può essere più futuristica di un ascensore se sulla scala c’è una mostra del Rinascimento, si guarda la mostra, si chiacchiera con il coinquilino: la tendenza all’ aumento dell’ira è dovuta alla riduzione delle relazioni umane ‘analogiche’. Farinetti chiude affermando di credere fortemente nella democraticità della rete come nuovo modello partecipativo. La sapienza non è sempre avere sempre risposte a delle domande. Si puo’anche stare nel paesaggio delle domande senza risposte. Ma esorta tutti a non abbandonare la poetica che è il plus che ci distingue dagli altri produttori di vino del mondo.
In chiusura arrivano numerosi interventi dalla sala gremita: ci si rende conto di essere ancora all’inizio, i vecchi media si stanno rendendo conto del cambiamento grazie al calo della pubblicità sul cartaceo. Ci troviamo di fronte a dati naturalistici di ascolto di dichiarazioni on line che consentono una mappatura precisa dei flussi comunicativi e comportamentali degli utenti. In Italia Twitter è ancora concepita come una chat, si tratta invece di uno strumento di collegamento di contenuti che sono in un altro luogo. Le aziende devono esser capaci di comunicare sui social media il lento valore, la fatica e la passione che sono dietro una bottiglia. L’incontro ha decisamente arricchito tutti i presenti, illustrando metodi non obiettivi. Ricerca e comunicazione vanno implementate attraverso la rete.
Si conclude poeticamente con una citazione ‘analogica’ di Farinetti di una frase di Cesare Pavese: “Il Barolo è il vino per fare l’amore d’inverno ma solo le donne lo capiscono.”
Una citazione da twittare :-)
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