dall’inviata a Milano Giulia Cannada Bartoli
Un’ora e mezzo di puro divertimento all’insegna dell’autoironia e dell’amicizia. I due grandi di Vico Equense si sono esibiti in una performance improvvisata a quattro mani, dove l’uno “sorvegliava” benevolmente l’operato dell’altro, intervenendo in caso di bisogno.
I due sono partiti dalla tradizione, Gennaro Esposito nel ’92 e Antonino Cannavacciuolo nel 1999, quest’ultimo “emigrato” a nord per promuovere la cucina del sud e della sua terra. Tra i due, amici da sempre, il filo non si è mai spezzato, ancora oggi si consultano continuamente per nuovi piatti, progetti, iniziative.
Prima di passare all’esecuzione dei piatti, i due concordano sulla filosofia comune in cucina: “ non ci prendiamo mai troppo sul serio, alla fine, facciamo da mangiare, non salviamo vite umane”. Un’affermazione importante che dovrebbe essere condivisa a più ampio raggio nel mondo dell’alta cucina.
Esposito comincia giocosamente con un percorso prima a ritroso e poi in avanti: il cocktail di gamberi di oltre trent’anni fa: mostra una foto di quello che era, poi capovolge la classica coppa, ridisegnata a posta per il ristorante: sulla base verrà eseguito il piatto, Fumiko è già all’opera: il piatto è all’insegna dell’uso intelligente della tecnica in cucina. Il ‘cocktail’ stavolta è qualcosa da mangiare tutto in un boccone, cremosa consistenza di gamberi rossi siciliani e maionese rivisitata, due piccole foglie croccanti di lattuga e radicchio a ricordare il passato, una ventata di freschezza dopo trent’anni.
Cannavacciuolo ritorna all’infanzia delle feste di piazza vicane reinterpretando con fantasiosa innovazione il ‘ carretto de ‘o pere e ‘o musso’, il piede e il muso del maiale innaffiati da limone premuto, olio, pepe e mangiato con le mani nei ‘coppetielli di carta’.
Oggi dopo tanti anni arriva l’interpretazione moderna e molto elegante: il muso e il piede vengono tritati, conciati, ridotti in piccoli cubi, impanati e fritti, decorato con foglie di sedano tagliate a julienne e ancora una maionese di foglia di sedano che – dice Cannavacciuolo – è la parte più saporita e profumata del sedano rispetto al solito gambo; per rinfrescare il piatto, Tonino accompagna una tartare di gamberi rossi siciliani con olio e sale. Da carretto ad elegante carrozza del 2013.
Chiude Esposito con la pasticceria, affrontata sia dal punto di vista del design che del gusto. Il cliente – racconta Gennaro – si ferma a tavola anche tre ore – non deve annoiarsi, anche l’occhio vuole la sua parte, ecco allora la creazione di una sfera di design fatta a posta per la Torre del Saracino, per servire la piccola pasticceria.
A fianco della sfera ancora un ricordo d’infanzia ed un ‘regalo’ all’amico Tonino: un coccio di vaso da fiori smaltato, dove la mamma di Tonino usa tenere i gerani;una composizione di pesche ‘nettarine’ di Corbara sui Monti Lattari, fiore di trifoglio, quello che si coglieva e si masticava da ragazzi sentendone il sapore tra il dolce e l’aspro, foglie di geranio, semi di finocchietto selvatico e finocchietto marino, una pianta simile che, però, cresce sulla sabbia, è più grassa ed ha un carattere più sapido. Con burro e geranio, Daniele realizza un biscotto molto friabile, accompagnato da un crema pasticcera con semi di finocchietto a conferire freschezza ed aromaticità. Il tutto viene ‘annaffiato’ con lavanda sciroppata e finocchietto marino in infusione a freddo. Si decora con una foglia di zucchero realizzata con foglie di geranio e granita del trifoglio di cui sopra centrifugato con acqua e zucchero. Pura esplosione di mediterraneità.
La perfomance sembra terminata… ed ecco i due giganti tornare bambini, afferrare la relatrice Tarsia Trevisan e metterla in pieni sulla cucina per chiudere la penultima giornata di Identità Golose. Giochi da ‘scugnizzi’.
Un’ora e mezzo di puro divertimento all’insegna dell’autoironia e dell’amicizia. I due grandi di Vico Equense si sono esibiti in una performance improvvisata a quattro mani, dove l’uno “sorvegliava” benevolmente l’operato dell’altro, intervenendo in caso di bisogno.
I due sono partiti dalla tradizione, Gennaro Esposito nel ’92 e Antonino Cannavacciuolo nel 1999, quest’ultimo “emigrato” a nord per promuovere la cucina del sud e della sua terra. Tra i due, amici da sempre, il filo non si è mai spezzato, ancora oggi si consultano continuamente per nuovi piatti, progetti, iniziative.
Prima di passare all’esecuzione dei piatti, i due concordano sulla filosofia comune in cucina: “ non ci prendiamo mai troppo sul serio, alla fine, facciamo da mangiare, non salviamo vite umane”. Un’affermazione importante che dovrebbe essere condivisa a più ampio raggio nel mondo dell’alta cucina.
Esposito comincia giocosamente con un percorso prima a ritroso e poi in avanti: il cocktail di gamberi di oltre trent’anni fa: mostra una foto di quello che era, poi capovolge la classica coppa, ridisegnata a posta per il ristorante: sulla base verrà eseguito il piatto, Fumiko è già all’opera: il piatto è all’insegna dell’uso intelligente della tecnica in cucina. Il ‘cocktail’ stavolta è qualcosa da mangiare tutto in un boccone, cremosa consistenza di gamberi rossi siciliani e maionese rivisitata, due piccole foglie croccanti di lattuga e radicchio a ricordare il passato, una ventata di freschezza dopo trent’anni.
Cannavacciuolo ritorna all’infanzia delle feste di piazza vicane reinterpretando con fantasiosa innovazione il ‘ carretto de ‘o pere e ‘o musso’, il piede e il muso del maiale innaffiati da limone premuto, olio, pepe e mangiato con le mani nei ‘coppetielli di carta’.
Oggi dopo tanti anni arriva l’interpretazione moderna e molto elegante: il muso e il piede vengono tritati, conciati, ridotti in piccoli cubi, impanati e fritti, decorato con foglie di sedano tagliate a julienne e ancora una maionese di foglia di sedano che – dice Cannavacciuolo – è la parte più saporita e profumata del sedano rispetto al solito gambo; per rinfrescare il piatto, Tonino accompagna una tartare di gamberi rossi siciliani con olio e sale. Da carretto ad elegante carrozza del 2013.
Chiude Esposito con la pasticceria, affrontata sia dal punto di vista del design che del gusto. Il cliente – racconta Gennaro – si ferma a tavola anche tre ore – non deve annoiarsi, anche l’occhio vuole la sua parte, ecco allora la creazione di una sfera di design fatta a posta per la Torre del Saracino, per servire la piccola pasticceria.
A fianco della sfera ancora un ricordo d’infanzia ed un ‘regalo’ all’amico Tonino: un coccio di vaso da fiori smaltato, dove la mamma di Tonino usa tenere i gerani;una composizione di pesche ‘nettarine’ di Corbara sui Monti Lattari, fiore di trifoglio, quello che si coglieva e si masticava da ragazzi sentendone il sapore tra il dolce e l’aspro, foglie di geranio, semi di finocchietto selvatico e finocchietto marino, una pianta simile che, però, cresce sulla sabbia, è più grassa ed ha un carattere più sapido. Con burro e geranio, Daniele realizza un biscotto molto friabile, accompagnato da un crema pasticcera con semi di finocchietto a conferire freschezza ed aromaticità. Il tutto viene ‘annaffiato’ con lavanda sciroppata e finocchietto marino in infusione a freddo. Si decora con una foglia di zucchero realizzata con foglie di geranio e granita del trifoglio di cui sopra centrifugato con acqua e zucchero. Pura esplosione di mediterraneità.
La perfomance sembra terminata… ed ecco i due giganti tornare bambini, afferrare la relatrice Tarsia Trevisan e metterla in pieni sulla cucina per chiudere la penultima giornata di Identità Golose. Giochi da ‘scugnizzi’.
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